giovedì 31 dicembre 2020

Chè non lo posso sopportare questo silenzio innaturale: addio 2020.

Stamattina prestissimo, sui mezzi in direzione lavoro mentre un'alba bellissima sorgeva, pensavo al fatto che molti, stasera, brinderanno con l'idea di allontanarsi a gambe levate da questo anno che, senza ombra di dubbi, per il mondo intero è stato un autentico anno di merda.

Servirà, forse, urlare insulti liberatori contro il 2020 affacciati dalle finestre delle nostre case ma, ancora di più, credo possa servire a ciascuno di noi provare a trovare dei momenti, piccoli o grandi, di bellezza e di gratitudine. 

Come cantava Leonard Cohen in "Anthem": "C'è una crepa in ogni cosa ed è da lì che entra la luce". Penso che la sfida che questo anno ci sta proponendo, come ogni situazione complicata fa, sia individuare da quali crepe è riuscita ad entrare un po' di luce nella nostra vita anche in questi 366 difficilissimi giorni.

Io ci ho provato.

IL MOMENTO: 

Fuori esplodeva la primavera, che credo mai come quest'anno ci è sembrata calda e invitante come ogni cosa proibita, e la maggior parte di noi era obbligatoriamente chiusa in casa da settimane. Ne hanno parlato tutti i tg come di una peculiarità tutta italiana in questa pandemia mondiale: si cantava dai balconi o dalle finestre, c'era questo appuntamento virtuale in cui qualcuno intonava una canzone, la maggior parte delle volte attingendo dal repertorio nazional popolare italiano, e i vicini seguivano a ruota. Una mattina, tutte le principali radio italiane hanno deciso di trasmettere alla stessa ora "Azzurro", la canzone di Paolo Conte resa famosa da Celentano. Io ero in videochiamata Roma-Milano con mia cognata Laura, vedevo dallo schermo del cellulare le mie nipotine - che mi mancavano (e mi mancano) tantissimo e che non sapevo quando avrei rivisto - agitare festose una bandierina tricolore e, mentre cantavo insieme a Laura cercando di farci coraggio, mi sono accorta che avevo un nodo in gola e tanta voglia di piangere perché "e allora io quasi quasi prendo il treno e vengo, vengo da te" era diventato solo un'utopia. A volte, abbiamo bisogno di perdere qualcosa che davamo per scontato, tipo la libertà di prendere un treno e partire, per capire quanto siamo stati fortunati a poterlo fare tante volte. Da quel giorno, il treno qualche volta l'ho preso ancora ma sempre meno di quanto avrei desiderato.


LA NOVITA':

Un artista che mi ha fatto tantissima compagnia in queste numerose giornate (e serate) di solitudine è stato Nick Cave. Il lancio a sopresa, ad aprile, della sua "Bad Seed Teevee", un canale completamente gratuito con migliaia di ore di girato relativo alla sua ultraquarantennale carriera e al suo repertorio, accessibile 24 ore su 24 via You Tube, mi ha aiutato a riempire decine e decine di momenti in cui il silenzio si faceva troppo pesante. "Hollywood" è la canzone che, ogni volta che passava in video, dovevo fermarmi ad ascoltare, qualsiasi cosa stessi facendo. La storia di Keesa, che gira di villaggio in villaggio alla ricerca di una casa dove non ci sia mai stata una perdita perché solo quando la troverà il suo bambino malato si salverà, mi strappava il cuore eppure riusciva stranamente a consolarmi o, per lo meno, a farmi piangere fino a togliermi ogni pensiero.


LA MOSTRA:

Mi sembrava un'estate in nulla paragonabile a quelle del passato, che improvvisamente si sono rivestite di luce mitica, finché non ho deciso di partire per Ancona, partecipare alla due giorni musicale "La mia gnerazione" ed andare a visitare la mostra di 300 foto di Letizia Battaglia. Doveva arrivare ad 85 anni, la Battaglia, prima che conoscessi la sua vita e le sue opere ma mi sono talmente innamorata che adesso potrei scrivere la sua biografia. Se vi va di conosccerla meglio, è accessibile la visione del documentario "Letizia Battaglia: Shooting the Mafia" in streaming.


LA SERIE:

Mai stata appassionata di serie, l'ultima che avevo visto per intero è stata "Lost" intorno al 2005... ma poi è arrivata la mia amica Marianna a dirmi che su Amazon Prime - di cui scrocco impunemente talvolta utilizzo la password - avevano caricato la prima delle tre serie disponibili in Italia di "The handmaid's tale", in italiano "Il racconto dell'ancella", tratto dall'omonimo libro di Margaret Atwood che avevo letto l'anno scorso e che ho amato moltissimo.

Imperdibile, riuscirà a farvi pensare che il mondo in cui viviamo non è il peggiore dei mondi possibili, specie se, come l'anno appena passato ci ha drammaticamente insegnato, smettiamo di dare per scontati libertà e diritti di cui godiamo e continuiamo ad impegnarci per difenderli e custodirli.


I LIBRI:

Nell'anno in cui la vita sociale di tutti, inclusa la mia, ha subito un drastico ridimensionamento, i libri sono stati davvero i miei migliori amici. 

Credo di non aver mai letto tanto come quest'anno. Da tutta la saga in quattro volumi de "L'amica geniale" di Elena Ferrante a "Scheletri" di Zerocalcare, ho sofferto, gioito, amato per interposta persona. 

Quanto aveva ragione Umberto Eco quando scriveva: "Chi non legge, a settant'anni avrà vissuto solo una vita: la propria. Chi legge avrà vissuto cinquemila anni: c'era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l'infinito... perché la lettura è un'immortalità all'indietro". Io, sicuramente, al novero delle mie "amiche geniali" in carne ed ossa posso aggiungere dopo quest'anno i personaggi di Lila e Lenuccia.


I CONCERTI:

La pandemia avrà anche lievissimamente riequilibrato i danni all'ecosistema nei mesi del lockdown duro ma ci ha tolto una bella e ricca porzione di ossigeno, privando dei concerti me e gli altri appassionati di musica dal vivo. Concerti sudati, in cui ballare, cantare e scatenarsi come quello degli Editors, che era solo 10 mesi fa e sembra appartenere ad una vita passata da un pezzo, ma anche concerti più intimi, tutti seduti e distanziati ma in cui era percepibile a occhio nudo la commozione di essere tutti insieme, occhi negli occhi, come è stato nei due più emozionanti a cui sono riuscita ad assistere prima che finisse di nuovo tutto: quello di Diodato e quello di Vasco Brondi.

Ripenso in particolare a quello di Diodato, dove sono andata da sola, una domenica sera d'estate quando la vita di prima timdidamente tornava a riaffacciarsi, penso a me seduta sulla pietra delle gradinate della Cavea, piacevolmente calde perché ci aveva battuto il sole per ore fino a poco prima, penso a me che ascolto per la prima volta "Essere semplice" e mi commuovo perché sembra proprio scritta per me, ripenso alle immagini dei telegiornali che mostravano le città deserte in cui dai balconi in primavera le persone cantavano fortissimo le parole di "Fai rumore" e davvero mi auguro che quel silenzio innaturale di cui parla il pezzo serva a fare spazio al sentimento della gratitudine per tutto quello che abbiamo ricevuto comunque di buono e alla speranza che ancora del buono ci sia. La speranza non è certezza ma è sempre meglio della disperazione e allora, per il 2021, mi impegno a sperare... e costruire, possibilmente in buona compagnia.