domenica 30 dicembre 2018

I buoni recuperi (aspettando l'anno nuovo)

Puntuale come la benedizione urbi et orbi del papa dal balcone di piazza San Pietro o come il discorso del presidente della Repubblica la sera del 31 a reti unificate (ma lo fanno ancora a reti unificate?), ecco il postone che prova a recuperare tutto quello che, a mio giudizio, di bello, di buono e, soprattutto, di EMOZIONANTE ha portato questo anno che stiamo per salutare.
A 'sto giro, per farlo, mi sono aiutata con la visualizzazione a griglia dei miei post del 2018 su facebook... ne è venuta fuori una roba INFINITA... che dire... è stato un anno ricco, certamente non di soldi, visto il taglio agli stipendi già ridicoli del lavoro con cui campo, ma di curiosità e cose interessanti che vi invito a scoprire o riscoprire, mese per mese, con me.
Nel 2017 avevo chiuso il post di fine anno scrivendo: "Nell'ultimo post dell'anno passato mi auguravo di cambiar casa, di averne una tutta mia. Questo sogno non si è avverato, purtroppo sta nei fallimenti del 2017 ma statene certi, io non mi arrendo".
Ecco, volevo solo dire che non mi sono arresa. Ci vediamo al prossimo anno... e al prossimo obiettivo, ché qua la posta si è alzata e, a confronto, l'obiettivo 2017-2018 era facile.



GENNAIO:
  • Pescara e Capossela: mentre iniziavo l'anno che sta andando via col concerto di Vinicio Capossela in piazza a Pescara, non sapevo che, a 365 giorni di distanza, mi avrebbe ricambiato la cortesia e sarebbe venuto a suonare a Roma. Nel 2019 uscirà il disco nuovo, "Ballate per uomini e bestie", e sarà quella l'occasione, per me, per tornare a sentirlo. Quanto a Pescara, se vi capita, fateci un giro: grazie anche all'opera di un assessore alla cultura molto capace, ha davvero preso una bella piega... e poi le città di mare hanno sempre un fascino speciale!
  • Napoli e la mostra "Genesi" di Salgado: vedi Napoli e poi non so se muori ma sicuramente ti torna una voglia dannata di tornarci (e infatti, per me, è il primo viaggio già programmato nel 2019, in occasione della mostra su Robert Mapplethorpe al Madre). Quanto a Salgado, ci sono arrivata tardi, a conoscere le sue foto e la sua storia, grazie allo splendido "Il sale della terra" di Wim Wenders, e me ne sono perdutamente innamorata.
  • La morte di Dolores O' Riordan. Per noi ragazze degli anni '90 è stata un mito e una fonte d'ispirazione. "Zombie", "Just my immagination", "Ode to my family"... arrivederci, voce d'Irlanda...

  • Bologna e la Ono Art Gallery: Bologna è la città dove vorrei vivere se dovessi lasciare Roma e la Ono Art Gallery è il posto dove pianterei le tende. Un po' galleria d'arte (con mostre tutte interessantissime e rigorosamente gratuite), un po' negozio "alternative", un po' punto d'incontro, se passate per Bologna è consigliatissimo controllare giorni e orari di apertura e farci un salto

FEBBRAIO:
  • "Coco" della Pixar: visto in un cinema d'essai e quindi in ritardo rispetto all'uscita, è un film splendido e molto commovente. La vita non finisce con la morte finché qualcuno si ricorda di chi è passato "dall'altra parte"... i messicani lo sanno da sempre! Que Viva Mexico!



  • Ossigeno su Rai3: altro che X-Factor, è con questo programma musicale che Agnelli ha creato DAVVERO qualcosa di bello! Speriamo in una seconda edizione con l'anno nuovo, programmi così davvero sono ossigeno per cuore e cervello.
  • "The ring of fire", il film su Johnny Cash: non lo avevo mai visto, l'ho recuperato una sera di febbraio in tv. Davvero un bel biopic, se non lo avete ancora visto, fatelo, ne vale assolutamente la pena!

MARZO:
  • La mostra su Frida Kahlo al Mudec: Frida Frida fortissimamente Frida. Niente da dire: Milano, nell'organizzazione e nella fruibilità delle mostre, dà una pista a tutta Italia.

  • Annuncio della mostra di Marina Abramovic a Palazzo Strozzi: esiste ancora qualcuno che legge questo blog e non sa quanto adori Marina Abramovic? A questa mostra tornerò due volte, in settembre e in dicembre, ed in entrambe le occasioni vivrò emozioni diverse e intensissime di fronte a quell'arte sospesa tra genialità e follia.

  • Their mortal remains, mostra sulla storia dei Pink Floyd al Macro di via Nizza. Peccato l'abbiano chiusa in anticipo. Incantevole, organizzata dallo stesso gruppo di creativi che aveva curato quella su David Bowie al Mambo di Bologna nel 2016.
  • Compro su una bancarella il libro "Dalla parte delle bambine" di Elena Gianini Belotti, di cui mi ha parlato un'amica che stimo tantissimo per il lavoro che da anni fa con le donne (lavora come psicologa presso la rete dei centri antiviolenza di Roma). E' uno di quei libri che ti cambiano la visione delle cose: ha più di quarant'anni e sembra scritto oggi. Penso di averlo consigliato a tutti, specie alle amiche che hanno figlie e figli piccoli.



APRILE:
  • Carmen Consoli e Francesco Motta: escono i dischi di entrambi. Per Carmen è una riproposizione, con due begli inediti, ma quello di Francesco per me è IL disco del 2018 (me l'ha detto pure Spotify).
  • "Distant Sky" al cinema. Innamorata pazza di Nick Cave e del suo carisma da quando l'ho visto dal vivo nel novembre 2017 a Padova, vado al cinema a vedere le riprese del suo concerto di Copenhagen, da sola la sera della vigilia del mio compleanno, subito dopo l'ultimo scambio di messaggi con una tristissima persona - di quelle che "ah ma tu sei fantastica, non ce ne sono come te", salvo poi sparire da un giorno all'altro senza spiegazioni - che da allora non sentirò mai più. Inutile dire che sto per tutto il tempo col cuore che mi palleggia in mano e, alla doppietta "Into my arms"- "Girl in amber", piango come una disperata e buon compleanno a me.

  • Il museo della follia: da Goya a Maradona a Napoli. Di Napoli e di quanto mi piaccia ho già parlato: la mostra che ha ospitato è stata davvero meritevole di una visita, chissà se verrà riproposta in altri luoghi d'Italia. E' stata curata - molto bene - da Vittorio Sgarbi: facciamogli fare questo E BASTA, per il bene di tutti.
  • BERLINO: mamma mia, Berlino!!! Le ho dedicato un post ad hoc. Mi ha conquistata, non fatico a credere al fascino - non solo tossico - che, nel tempo, ha esercitato su gente come David Bowie, Iggy Pop. Lou Reed, Nick Cave, i Depeche Mode. Spero di tornarci presto con nuovi itinerari. Stavolta mi piacerebbe prendere una bicicletta.



MAGGIO:
  • Si conclude col secondo volume, "Macerie Prime: sei mesi dopo", la saga di "Macerie Prime", malinconica graphic novel di Zerocalcare. "NON SI SCAPPA DALLE COSE FEROCI" rimane una delle citazioni più belle e più VERE, per me, del 2018.

  • "Lessico Famigliare" di Massimo Recalcati su Rai3: dopo "Ossigeno" dell'Agnellone, un'altra bella trasmissione, sempre su Rai 3, questa volta, però, ad argomento "psicologia sistemico-familiare". Detta così, forse può sembrare una palla allucinante ma io - sarà l'effetto del ricordo dei miei studi ormai sepolti di polvere che ogni tanto mi piace ripulire - l'ho trovata molto interessante e "concreta" nelle sue riflessioni mai banali
  • Giovanardi e "La mia generazione" all'Auditorium: bellissimo concerto per un bellissimo album uscito l'anno scorso. Giovanardi l'ho poi rivisto a 'Na Cosetta Estiva ed è riuscito, anche a pochi mesi di distanza, a creare due spettacoli diversi, credibilissimo nel raccontare in musica una grande stagione senza effetto "vecchia gloria" alla Paolo Limiti.



GIUGNO:
  • Tara Westover: sono andata a sentirla leggere un suo pezzo al Festival delle Letterature a Massenzio. E' autrice di un libro, "L'educazione", in cui racconta la sua infanzia e prima giovinezza in una famiglia di ultrà mormoni. Come ne sia uscita, è un miracolo, che mi ripropongo di approfondire l'anno prossimo leggendo il libro uscito in questo 2018.
  • Fantastic Negrito: che miracolo di uomo... e che concerto!!! Il suo "Please, don't be dead" è citato, meritatamente, in tantissime classifiche dei migliori dischi usciti quest'anno ma è dal vivo, secondo me, che viene fuori la forza di questo cinquantenne vispo come un gatto alla sua terza vita.

  • Milano: I-Days, quattro giorni INDIMENTICABILI, in un festival che, in ordine sparso, ha ospitato Pearl Jam, Placebo, Offspring, Queens of the Stone Age, Richard Ashcroft, Noel e Liam Gallagher. Facevo orari impossibili ogni sera per scrivere sul blog dopo essere tornata da ciascuna giornata e ogni mattina mi svegliavo col sorriso perché ero esattamente dove sognavo di essere, facendo quello che amo di più (qualcuno, in quei giorni, mi ha scritto: "La mattina aspetto di vedere cosa hai scritto durante la notte"... troppo bello!!!!!!!!!!) Mi è venuta in mente quella canzone, "The nights", del dj svedese Avicii - che andai a sentire allo Sziget a Budapest nel 2015 e che tra l'altro, pòraccio, è morto proprio quest'anno giovanissimo - che mi piace tanto e che dice: "He says one day you'll leave this world behind so live a life you will remember".


LUGLIO:
  • Il Muro del Canto a Villa Ada: io ancora non lo sapevo, secondo me non lo sapevano manco loro, ma era l'ultima volta che li avremmo visti in formazione originale. 
  • Al Pistoia Blues Festival per Mark Lanegan e al Lucca Summer per Nick Cave: giorni indimenticabili, giorni in cui ho fatto tutto da sola (organizzare, prenotare, girare le città, andare ai concerti). Due artisti memorabili per tre giornate che non dimenticherò e che, lo so, sono l'inizio di qualcosa di bello (Lucca stupenda, ritagliatevi un weekend per andarci perché credo sia una delle più deliziose città che io abbia mai visitato).


  • "Kitchen Confidential" di Anthony Bourdain: Doris, una persona speciale della mia vita, mi ha detto, quando le ho comunicato che stavo viaggiando completamente da sola per la prima volta in vita mia: "Ti sei portata un buon libro? Con un buon libro in borsa non sei MAI sola". Il mio buon libro per i giorni in Toscana è stato questo e ha funzionato, Riposa in pace, Anthony... è incredibile pensare a quanta sofferenza possa nascondersi anche dietro le persone più vitali.



AGOSTO:
  • Da autentica folle, inizio trasloco e trasferimento nel mese più caldo, triste e solitario in cui stare a Roma (tra l'altro, lavoro pure), quindi tutte le mie energie sono assorbite da quello Leggo libri come se non ci fosse un domani, la sera, perché per un mese non ho né internet né televisione. Esce il video di "Ciao Cuore" di Riccardo Sinigallia ed è l'unica cosa artistica meritevole che mi ricordo di questo mese.


SETTEMBRE:

  • Ginevra Di Marco @ 'Na Cosetta estiva: che bello, questo spazio sulla Prenestina nel suo allestimento estivo, e che bella (e bravissima) la Di Marco. Se passa dalle vostre parti, non ve la perdete, ha classe ed energia e non è facile coniugare queste caratteristiche nella stessa persona!
  • Cristina Dona' a Teramo, "Canzoni in controluce": sono tornata a viaggiare da sola, questa volta a Teramo, dove Cristina Donà e Saverio Lanza si esibiscono nella cornice meravigliosa del chiostro della Madonna delle Grazie. La serata ha un'energia incredibile, a partire dal temporale che mi accoglie e che si ferma appena in tempo per permettere alla serata, nata per raccogliere fondi per un'associazione benefica nata nel nome di due ragazze morte durante il terremoto de L'Aquila, di svolgersi nel migliore dei modi. Il duetto con Filippo, il figlio di Ivan Graziani, sulle note di "Agnese dolce Agnese", intorno alla mezzanotte, mentre la mia amata nipotina lontana, Marta - a cui dedicai questa canzone mentre aspettavamo che nascesse - entra nel suo quinto compleanno, resta uno dei momenti per me più intensi ed emozionanti dell'anno.

  • Anna Calvi @ Terme di Diocleziano. Ha imparato la lezione del suo maestro Nick Cave, la bella Anna, e regala uno show che, se non arriva a superare il mentore, sicuramente fa capire che siamo di fronte ad un'artista che non teme il suo pubblico. Location spettacolare e per di più tutto gratis, a prenotazione: questa è la Roma bella e ricca di cultura che mi piace.

  • Elisa e Francesco De Gregori, "Quelli che restano". Elisa farà anche la "coach" ad Amici della De Filippi ma è stata capace di dare vita ad una canzone poetica e dolce che davvero sembra scritta dall'altra metà di questo strano duo. "Avevo capito le regole del gioco e ne volevo un altro, uno da prendere più seriamente" è una frase che, in questo settembre, mi tatuerei, visto che ancora si fa vivo DOPO ANNI qualcuno che non ha capito che il giocattolo si è rotto, da un pezzo, e che l'ha rotto proprio lui.



OTTOBRE:

  • Il Muro del Canto, "L'amore mio non more": quarto disco del Muro del Canto, mi piace moltissimo, dalle canzoni ai recitati alla grafica. Mi dico: "Ah queste chitarre, queste atmosfere combat... qua lo sento: c'è lo zampino del chitarrista Giancane, sai che fomento sentire dal vivo 'sto disco suonato da lui!". Ecco, non ci avevo capito una mazza perché lui, pochi giorni dopo l'uscita del disco, dopo che è comparso in TUTTE le foto promozionali, dopo che noi fan stiamo tutti aspettando l'annuncio della data a Roma, con un messaggio su facebook comunica che ha lasciato il gruppo. Grande dispiacere, loro sei insieme sul palco a sorridersi e a scherzare mentre suonavano erano una delle immagini più belle che la musica dal vivo mi ha regalato in questi ultimi anni (del resto, avevo avuto la stessa sensazione coi Timoria e poi si sono sciolti pure loro... va a ssapè...)

  • RADIO ELETTRICA. Radio online - quindi ha il solo, piccolo difetto che non la puoi sentire accendendo semplicemente la radio ma devi avere per forza sottomano pc o smartphone - che nasce a ottobre racchiudendo in sé una grandissima parte dei MIGLIORI fra i dj che fecero grande Radio Rock a Roma negli anni '90. Non ha pubblicità, si nutre, per ora, solo d'amore per la musica. Stra-stra-stra consigliata, a dosi massicce a tutte le ore.

NOVEMBRE:
  • "Lucky": film visto al Detour, cinema d'essai che regala spesso qualche chicca ai suoi frequentatori, è la storia di un anziano raccontata come non avevo mai visto fare. Valore aggiunto: nella colonna sonora c'è Johnny Cash.
  • Milano Music Week: per una settimana, la città di Milano si colora di musica, spesso gratuita e di qualità. Il programma di quest'anno mi ha convinto meno del passato ma sono riuscita comunque a beccare due belle occasioni: Andy dei Bluvertigo che ripropone con bravura e rispetto il repertorio di Bowie, creando uno show gradevolissimo e per niente scontato al Mare Culturale Urbano, un posto di Milano che vi consiglio di visitare, e Riccardo Sinigallia che, alla Santeria Paladini, un altro bel posto, si fa intervistare e suona in acustico al piano. Non avevo mai sentito "Niente mi fa come mi fai tu" e sono brividi veri. E' dedicata a una donna ma io, per tutto il tempo in cui ha suonato, ho avuto in mente che fosse dedicata alla musica.
  • Banksy, A Visual Protest al Mudec. Che a Milano sanno organizzare alla grande le mostre l'ho già detto. Pensavo di sapere tutto di Banksy ma mi sbagliavo. La prossima volta, però, rotta per Bristol, a cercare i suoi primi lavori, o per Londra, la città che ne contiene di più, perché la street art la devi vedere, appunto, per strada.

  • Vasco Brondi e Francesco Motta all'Auditorium a distanza di pochi giorni l'uno dall'altro. Gli unici cantautori di una generazione che non è la mia che riescono a farmi VERAMENTE emozionare coi loro pezzi. Vasco è 'nu piezz' e core ma Motta dal vivo, se è in vena, è imperdibile e all'Auditorium lo è stato.
  • "L'amica geniale" su Rai1: non ho letto i libri di Elena Ferrante da cui Saverio Costanzo ha tratto questa serie ma, se la vicenda scritta dovesse - come spesso accade - essere ancora più bella e avvincente di quella narrata per immagini, allora davvero siamo di fronte ad un capolavoro. Erano anni che non mi appassionavo così ad una storia a puntate.


DICEMBRE:
  • 25 anni di Bandabardò a Firenze: la musica della Bandabardò è bella "come togliersi le scarpe in un giorno di gran sole", per citare loro. E' bella come l'amicizia che resiste al tempo, con quelle persone che puoi non sentire per mesi ma che sai che per te, quando è il momento, CI SONO. E' bella come i ricordi che ci ha lasciato chi ha fatto parte di una stagione della nostra vita che non tornerà più ma che, almeno per il tempo di un concerto, pulsa ancora fortissima.

  • "Anna" di Niccolò Ammaniti e "Io sono Maria Callas" di Vanna Vinci. Questi due libri non hanno nulla in comune (il primo è del 2015 ed è un romanzo, il secondo è uscito da pochi giorni ed è una biografia a fumetti) se non il fatto che ho letto entrambi in pochissimi giorni nel periodo di Natale, trovandoli tutti e due avvincenti nella loro malinconia, espressa con le parole o con le tavole. Per quelli - riprendendo la citazione di Zerocalcare che avevo riportato a maggio - che non hanno paura delle cose feroci.

giovedì 15 novembre 2018

"... e brillano le insegne che hanno perso delle lettere" (aspettando il 23 novembre all'Auditorium)

E' difficile spiegare perché mi piace così tanto, da sempre - da quando lui aveva poco più di vent'anni ed io poco più di trenta - Vasco Brondi, che ancora per un po' si chiamerà LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA e poi diventerà qualcos'altro, forse semplicemente se stesso senza nessuna maschera.
Lui è uno che - come ha scritto Giorgio Canali che gli produsse il primo disco, "Canzoni da spiaggia deturpata", quello con la copertina bellissima disegnata da Gipi - "se ti piace, ti piace con le sue imperfezioni che sono di natura: scrive da dio, canta di merda, suona ancora peggio però è Vasco​".



Per lui sono andata al mio primo concerto completamente da sola, nel 2008 al Circolo degli Artisti, provando quel senso di "immenso smarrimento, immensa libertà", per dirla con le sue parole, che poi avrei riassaporato tante altre volte ma che allora ancora non conoscevo perché ne avevo paura.
Per la sua reinterpretazione di "Oceano di gomma" degli Afterhours, arrivata a tradimento - mentre non me l'aspettavo assolutamente anche se sapevo del suo amore per il gruppo dell'Agnellone nazionale - la prima volta che ha suonato all'Auditorium Parco della Musica, nel novembre del 2010, mentre io ero impelagata in uno degli innamoramenti non corrisposti più desolanti della mia vita, ho pianto senza ritegno seduta in mezzo a sconosciuti, mentre lui cantava "Tu per me sei vero anche se sei solo pensiero"ed io ero conscia del fatto che sentirsi vivi è ANCHE questo (per fortuna, NON SOLO).



Me lo ricordo giovanissimo e un po' cicciottello, nel 2009, arrivare con uno zainetto tipo scuola al Palazzo delle Esposizioni, per leggere Pier Vittorio Tondelli e suonare urlando le sue primissime canzoni come "Piromani", lasciandomi senza parole. Aveva un'intensità incredibile ed io ho sempre amato Tondelli, da quando l'ho scoperto all'Università perché lo citavano Enrico Brizzi in "Jack Frusciante è uscito dal gruppo" e Giuseppe Culicchia in "Tutti giù per terra", due libri che, per molti di coloro che hanno attraversato i vent'anni negli anni '90, sono stati un po' una bibbia.
Adesso il progetto "Le Luci della Centrale Elettrica" si chiude ed io sono emozionata e felice di salutare questa fine che sarà anche un nuovo inizio, a dir la verità cominciato già un paio di album fa.
Cantava la provincia depressa, Vasco, cantava uno star male che veniva dal profondo e che me lo ha sempre fatto sentire vicino. Mi succede solo con lui e con Francesco Motta: tra i cantautori con meno di 35 anni, secondo me son gli unici che possono parlare veramente A TUTTI, non "generazionali" ma "universali", almeno per universi come quello in cui vivo io.
Son passati gli anni e Vasco è cambiato: non è diventato un allegrone, chiaro, ma ha capito che col nichilismo non vai da nessuna parte e, se ti va bene, ti ammazzi e finisci per essere ricordato come un mito alla "muor giovane chi è caro agli dei". Se ti va male, manco quello: muori e basta, cibo per vermi.
Sarà bello essere lì ad aumentare la quota dei fan attempati e sgolarsi a cantare: "Ci sarò io e arriverò felice da fare schifo e libererò tutti i tuoi pianti trattenuti".


Anch'io voglio essere felice da fare schifo, Vasco. Non siamo nati per essere tristi, anche quelli di noi che in tanti momenti hanno sentito di non avere un'altra scelta. Se dopo dieci ore di un lavoro che detesto sono qui, al mio tavolino rosso, nella casa che ho tanto desiderato abitare, a fare una delle cose che amo di più al mondo - scrivere - la strada è quella buona.
E, se vai in una città a 40 chilometri, ricordati di mandarci una cartolina per dirci che stai bene anche lì.


lunedì 22 ottobre 2018

Le cose belle.

"Ma dove si trova la felicità?", "Nei posti belli, nelle tovaglie di fiandra, nei vini buoni, nelle persone gentili".
Paolo Virzì, "La pazza gioia". 

Questa NON è una classifica, le cose belle son belle tutte:
  • Il ritorno del piumone
  • Il risotto con la zucca
  • Il nuovo cd del Muro del Canto, "L'amore mio non more", che è uscito venerdì scorso e sta fisso nei miei ascolti su Spotify - specie quelli all'alba mentre vado al lavoro - in attesa di comprare la copia fisica, possibilmente senza spendere 16 euro e spicci con Amazon o aspettare dieci giorni lavorativi (e pagare comunque 16 euro) per farselo spedire a casa da Feltrinelli perché NESSUN punto vendita a Roma l'ha ritirato ('sta cosa nun se po' sentì, a Roma poi...)
Per adesso, l'ascolto più entusiasmante è quello di "Cella 33", settima traccia che a me ricorda tanto il fomento di pezzi che giravano un tempo su Radio Rock (quella vera, quella bella degli anni '90) come "Vagabond" dei New Model Army. Io ci vedo tanto lo zampino del buon Giancane, al secolo Giancarlo Barbati, uno dei due chitarristi, perché lui si ascolta cose fantastiche che piacciono tanto anche a me come i Dropkick Murphys e, nel pezzo che vi ho citato, io ci sento parecchio di queste cose che ti cacciano a calci la malinconia. Quella poi torna ma intanto la mandiamo via così.


  • A proposito di Radio Rock, ho riscoperto FINALMENTE il piacere della radio che piace a me, quella fatta di zero chiacchiere e tanta, tantissima musica di tutti i generi, presentata con professionalità, competenza e tanto ammmore. Ho sentito con le mie orecchie il meraviglioso dj Prince Faster, felice come un bambino, lui che pupetto decisamente non è, aprire la programmazione di RADIO ELETTRICA, una web radio da pochissimo inaugurata ma per me già stra-consigliata. Trasmette in diretta dalle 9 alle 24 e io ho ritrovato un piacere che non provavo da anni, quello di tornare a casa per sentire la radio!!! Tra i suoi speaker, oltre a Prince Faster, che a Roma per decenni è stato sinonimo di grande radio e grandi serate, c'è gente come Claudia Mc Dowell e Gianpaolo Castaldo... se negli anni '90 adoravate Radio Rock e la radio fatta di piacionate e di "ma leggiamo i messaggi dei nostri ascoltatori" vi annoia terribilmente, non potete non collegarvi!
  • Manuel Agnelli: odio profondo - anche se, ovviamente, dietro c'è un'organizzazione di cui lui e gli altri membri degli Afterhours sono minimamente, se non per nulla, responsabili - per il fatto di esibirsi con gli After di martedì sera, cioè domani, all'Auditorium, dopo la proiezione con inizio ALLE DIECI DI SERA del docu-film sul loro concerto milanese del 10 aprile scorso (durata del film: un'ora e 40, rischio di tornare a casa alle tre di notte pressoché certo) ma tanta stima per riuscire comunque, al di là del sempre più patetico carrozzone di X-Factor, a prestare la sua voce e la sua immagine ad iniziative musicali di livello veramente alto, come la serata all'Angelo Mai di sabato scorso dedicata da Rodrigo D'Erasmo e Roberto Angelini a Nick Drake.
  • Fabio Magnasciutti: da me conosciuto per anni come "Fabio degli Her Pillow", amato perché bello, maledetto e amante dell'Irlanda, solo da quando realizzò i manifesti per il tour "Io so chi sono" degli Afterhours scoprii che di mestiere non faceva il cantante ma il disegnatore, che era un poeta e che era bravissimo (quando sono andata a farmi autografare il calendario che ha realizzato l'anno scorso per Greenpeace, ero talmente emozionata che gli ho dato del lei come se fosse uno stravecchio).
Venerdì 26 l'anima del poeta, quella del disegnatore e quella del cantante si incontrano nella cornice di Palazzo Merulana, dove saranno esposti in mostra i suoi bellissimi disegni e si esibirà col suo gruppo, gli Her Pillow. Non potendo fare a breve un biglietto per partire per l'Irlanda, mi andrò a sentire loro e so che sarà fantastico comunque (in attesa di quel biglietto aereo).


  • Ma a voi succede che i libri vi chiamino dalle bancarelle che si trovano in giro sui marciapiedi? A me sì.
L'ultimo è stato "Poesie per ragazze di grazia e di fuoco". Ho aperto il libro a caso e letto e una di queste poesie per strada e non so se sarà stata la grazia o il fuoco o tutti e due ma mi sono ritrovata a fare una cosa da fricchettona pazza e romantica: rileggerla ad alta voce, da sola, a casa, e mettermi a piangere per quanto era bella. Non vedevo l'ora di trascriverla QUI. 

MIODDIO MIODDIO MIODDIO
"Prendi quella cosa che è successa. Proprio a te.
Aprila come una rosa nascosta. Mettila davanti
al naso di qualcun altro. Lascia che ti dicano  
che hai ancora un buon profumo. Così 
buono. Lascia che la persona che ti ama 
sfogli i petali via dal burrone della tua ferita. Lascia che lei 
te li trasformi in punti. che faccia loro far di nuovo vela 
dentro il tuo cuore, come aeroplanini di carta. Perché 
quel pugno che ti pulsa dentro 
è ciò di cui sei sempre stata fatta, nonostante 
le tue dita appuntite di spine. Usale, adesso,
per strappare le lenzuola. Strappare la notte. 
Chi ha bisogno di dormire sotto un tale 
riparo o sopra tanta educazione? Squarcia il cielo. 
Lascia pure che cadano gli Dei. Quelli che potrebbero 
aver permesso che innanzitutto la cosa accadesse. 
Catturali nelle tasche. Catturali nel petto.  
Rimetti ogni Dio a posto 
nel tuo petto, Dio dopo Dio dopo Dio, Finché 
non ti sei conosciuta, Ancora. Ripeti.
Prendi quella rosa, quella che ti ferisce 
nella carne. Aprila e aprila e aprila. 
Lancia brandelli della tua cicatrice nell'aria 
come dello stramaledetto riso nuziale. O semini per uccelli.
Lascia che alcuni germoglino. In un giorno 
tanto nuovo e tanto verde, ti fanno male le caviglie 
dalla voglia di correre. Avanti 
E vacci incontro, al mondo, senza tutte 
quelle spine rossastre, quelle vecchie cicatrici, quelle cuciture strette 
sul tuo fianco. E noi, noi ci meraviglieremo della tua 
silhouette. Mioddio, diremo noi. Mioddio, mioddio, mioddio, mioddio, mioddio! 
Non corre come un fiore che si sfoglia?" 
Tara Hardy




mercoledì 12 settembre 2018

L'8 marzo a settembre (parte II).

Metti una giornata di sciopero - a cui ho aderito - del servizio per il quale lavoro.
Metti che i concerti che ho visto la settimana passata MERITINO di essere raccontati.
Ecco, questa è la mattinata perfetta, anche se Roma oggi è tutta sole e cielo azzurro e il richiamo ad uscire è fortissimo (infatti non è detto che poi non lo faccia).

Il mio 8 marzo a settembre mi ha visto partecipare, lo scorso weekend, ad una doppietta di concerti al femminile veramente indimenticabile.

Venerdì sera a Roma c'è stata di passaggio GINEVRA DI MARCO, insieme al marito Francesco Magnelli (già con lei nei CSI) e ad Andrea Salvadori. Eravamo nel bello spazio estivo di 'Na Cosetta, sulla Prenestina, e aveva ragione Magnelli quando ha detto: "Sembra di stare in Sudamerica".
Avete presente l'ambientazione di Coco, il bel film della Pixar ambientato nel Messico del Dia de Los Muertos? Se non lo avete visto, recuperatelo e avrete un'idea di quanto era delizioso questo angolo di lucine, piante e persone in festa.
'Na Cosetta ha fatto un'operazione BENEDETTA: in un posto lontano dai soliti circuiti di centro, ma comunque facilmente raggiungibile anche coi mezzi, ha dato il via ad una serie di concerti in orario non tardo (alle 21.30 gli artisti sono sul palco e a Roma non succede praticamente mai, con l'eccezione dell'Auditorium), con musicisti degni di questo nome e spesso amati da un pubblico "diversamente giovane", che era numerosissimo forse anche in virtù di questo orario così compatibile anche coi ritmi di vita di un quarantenne medio.

Saranno stati i capelli biondi, il fatto che era abbronzatissima, con uno scialle leggero arancione e un sorriso meraviglioso: giuro che Ginevra era bella come una dea... quando ha iniziato a cantare poi... avete presente quando di un artista dal vivo si dice: "Sembra di ascoltare il disco"? Per lei vale nel senso che è PERFETTA come su disco ma nello stesso tempo emozionante e VIVA.

Buona parte del repertorio era composta, sempre per restare in tema latino, dalle cover di Mercedes Sosa, a cui l'anno scorso è stato dedicato l'album "La rubia canta la negra" (Mercedes, infatti, aveva il soprannome "la negra").

Il concerto è stato tutto stupendo, con un pubblico in massima parte attento e partecipe, ma, se devo scegliere solo due momenti, scelgo l'esecuzione di "Todo cambia", cantata in parte in spagnolo e in parte in italiano, e di "Gracias a la vida".


"Todo cambia" è una canzone che, nella sua semplicità, soprattutto, in momenti di autentico cambiamento della propria vita, non può lasciare indifferenti.
Quanto a "Gracias a la vida", che era la canzone che si sentiva in sottofondo nell'ultima stanza della mostra su Frida Kahlo e la collezione Gelman che vidi a Bologna, mi ha sempre colpito che sia stata scritta da Violeta Parra, una musicista cilena che si ammazzò a cinquant'anni. Come si può ringraziare la vita e poi porle fine? E' una cosa che mi atterrisce e mi commuove...


Persone che ringraziavano la vita ma l'hanno vista finire non per propria mano sono state Federica e Serena.
La storia di queste due ragazze, morte durante il terremoto de L'Aquila nel 2009, mi porta dritta al secondo concerto, quello di Cristina Donà a Teramo, il giorno dopo.

Forse, da quando son partita da sola la prima volta, un argine si è finalmente spezzato e il fiume dei miei desideri in questa direzione scorre libero: anche se non voleva venire nessuno con me, ci ho pensato pochissimo. Ho prenotato una stanza vicino il luogo del concerto, ho incontrato Matteo, il ragazzo che si occupava della prevendita "face to face" su Roma, ho comprato i biglietti del bus per Teramo e via.

La serata era organizzata da un'associazione benefica che gli amici di Federica e Serena hanno creato in loro ricordo. Erano studentesse di medicina, facevano volontariato e, a giudicare da Afterhours, Marlene Kuntz, Bandabardò, Offlaga Disco Pax, la stessa Ginevra Di Marco e svariati altri artisti invitati in queste varie edizioni di "Note su ali di farfalla" (così si chiama la serata annuale per Federica e Serena), ascoltavano un sacco di musica bellissima. Avremmo potuto essere amiche, ho pensato quando è stato proiettato un video che le ricordava, senza retorica ma con molti sorrisi perché l'associazione che tiene viva la loro memoria devolve il ricavato delle serate a svariate iniziative benefiche (quest'anno a "Carrozzine determinate") e penso non ci sia modo più bello per far sentire la presenza dello spirito di queste ragazze che resteranno giovani per sempre, come nelle foto che le ritraggono insieme.

La serata si svolgeva in un posto molto bello, il Chiostro del Santuario della Madonna delle Grazie, con un'acustica meravigliosa (chi ha ricevuto le mie note audio su whatzapp lo sa).
Tutto all'aperto, col brivido del temporale che c'era stato nel pomeriggio e che, come nelle favole (e come la volta che andai a sentire Fabi-Gazzè-Silvestri all'Arena di Verona), si è allontanato appena in tempo per non mandare all'aria tutto lo sforzo organizzativo di chi aveva voluto quel concerto.
Nel pubblico ho visto un po' di tutto, dal vero fan che sa tutte le canzoni a memoria alle signore che si son messe il vestito buono per uscire ma che, appena s'è fatto tardi, hanno mollato la sedia per tornarsene a casa coi mariti. Probabilmente non sapevano neanche chi erano venute a sentire ma poco importa.

Vicino al Chiostro c'è il parco Ivan Graziani, a cui son tornata la mattina dopo prima di ripartire per Roma. Ivan Graziani era teramano e la serata l'ha aperta il figlio, FILIPPO GRAZIANI, cantautore anche lui.
Nasuto (si sa che per gli uomini col naso importante ho un debole), simpatico, accento riminese (lui è nato lì), è stato per me una vera scoperta: molto bravo e molto umile, ha cantato qualcosa del suo repertorio ma, soprattutto, canzoni del padre (tenerissimo quando ha detto: "Ora vi faccio qualche canzone di papà").

La voce è pressoché IDENTICA a quella del padre quando canta i suoi pezzi... mi ha fatto pensare a Cristiano De Andrè, il figlio di Fabrizio, sperando Filippo sia più bravo e fortunato di lui nel trovare il suo "centro di gravità permanente" nel confronto con un padre famoso e ingombrante.


Ha scritto bene CRISTINA DONA', l'indomani su facebook, con l'acume e la sensibilità che la contraddistinguono: "La parola GRAZIA nel cognome in questione ha un peso notevole".

Ce n'è stata, di grazia, in questa serata, intesa proprio come quella che ha cantato Jeff Buckley (anche lui possessore di un falsetto meraviglioso come la coppia padre-figlio Graziani) nel suo unico album di studio, "Grace", edito da vivo.



Lui cantava "wait in the fire", "aspetta nel fuoco"... chissà quanto fuoco avevano dentro le vite di Federica e Serena...

C'era nell'aria un'emozione grandissima: quella degli artisti, quella degli amici di Serena e Federica, quella mia che pensavo che, quando nel 2014 è uscito "Così vicini", l'ultimo album della Donà, avevo appena saputo che Luca era morto, giovane e bello come Federica e Serena... sette anni insieme e io lo venivo a sapere, per caso, solo un anno dopo che era successo... "il senso delle cose si nasconde dietro alle persone"...


Non è stato facile non commuoversi. Lo faccio adesso, mentre scrivo, mentre ripenso a quel cielo sul chiostro, notte nera ma senza nuvole, al dolore che non si ripiega su se stesso ma è capace di generare amore e vita, al duetto su "Agnese" di Cristina e Filippo, partito dopo mezzanotte, proprio mentre la mia nipotina Marta, lontana e amata, compiva cinque anni ed io pensavo che quella canzone gliel'avevo dedicata prima ancora che nascesse.



E' bello far entrare la magia in questa grande follia che è la vita. Per questo mese io non ho ancora finito perché mi aspetta la regina di tutte le folli: MARINA ABRAMOVIC e la sua mostra a Firenze. Sono tra quelli che son riusciti a trovare il biglietto anche per l'incontro col pubblico. Ma questa è una storia che vi racconterò poi.

domenica 9 settembre 2018

L'otto marzo a settembre (parte I).

"Segnali di vita nei cortili e nelle case all'imbrunire", canta il grande Franco Battiato.

Segnali di vita anche da questo blog che è inattivo da ormai due mesi, in mezzo ai quali, però, c'è stato un trasloco - neanche del tutto finito - fatto in estate, praticamente da sola e coi mezzi, trasportando su e giù con le due metro valigie come neanche una narcotrafficante colombiana, dentro quella classica Roma semi-deserta che piace solo a quelli che non trovano mai parcheggio (problema che io non ho perché non guido).

Tanta stanchezza ma anche un desiderio  ENORME che si è realizzato e che mi fa pensare che NON E' VERO che, se non tieni per te ciò che vuoi, non si avvera, visto che il mio desiderio lo avevo espresso proprio su questo blog nel post con cui avevo chiuso l'anno passato.

Settembre è un mese di ripresa anche per gli eventi, dopo la mosceria di agosto, ed io sono stata partecipe proprio di due, splendidi, uno consecutivo all'altro in questo week-end che sta volgendo al termine mentre scrivo.

Il titolo a questo post come sempre non è casuale: parlo di 8 marzo a settembre perché gli eventi che ho vissuto e che mi sento di consigliarvi per quel che resta di questo mese hanno al 99%  come protagoniste delle fantastiche donne.

Parliamo intanto del futuro, poi vi racconto il mio we:

  • martedì 11 in uno spazio DELIZIOSO che sta all'altezza della fermata "Gattamelata" sulla Prenestina- praticamente dove c'è Largo Venue - si esibisce NATHALIE, artista romana brava da ancor prima di aver vinto una vecchia edizione di X-Factor. Costa sette euro ed è in un giorno infrasettimanale, in cui a me toccano dieci ore di lavoro quindi non so se ce la farò fisicamente ad esserci, però i concerti lì iniziano presto, 21.30 effettive che per Roma è praticamente orario di aperitivo, quindi, volendo, uno si può godere la serata senza pensare che tornerà a casa alle due di notte.



  • venerdì 14 ci sono TANTISSIME cose da fare, quindi una scelta si deve operare per forza.
Io ho scelto (anche perché ho avuto il c*lo esagerato di avere l'amica Manuela che mi ha prenotato l'ingresso) ANNA CALVI, che presenta in anteprima alle Terme di Diocleziano - posto fantastico e inusuale per concerti, a due passi da Termini - il suo album appena uscito, "Hunter", quello coi video zozzi erotici per intenderci.


Si entra gratis e le prenotazioni online sono andate esaurite nel giro di pochissimi minuti ma domani, lunedì 10, alle ore 11 sulla pagina fb dell'evento metteranno in circolo qualche altro ingresso per cui, se vi intriga, occhio al pc all'ora giusta!!!

Se di Anna Calvi vi interessa poco e niente (e fate male, perché è bravissima - io l'ho vista due volte live al fu Circolo degli Artisti ed entrambe le volte era soldo out... qualcosa vorrà pur dire!), potete andare a sentire FRANCESCO MOTTA nel bello spazio India Estate vicino al Gazometro, in un live acustico che si colloca alla fine di una serata con 360.000 presentazioni prima quindi chissà quando inizia e, essendo gratis, chissà quanta gente ci beccate (ma io ci sto comunque facendo un pensierino, se la Calvi finisce di suonare presto, perché il disco di Motta - che avevo recensito per Shiver - è favoloso ed io, che non ho ancora sentito dal vivo i pezzi a parte la presentazione che ne fece mesi fa in Feltrinelli, avrei gran voglia di sentirlo live).


Se neanche Motta vi interessa, a parte che mi chiedo COME MAI state leggendo questo blog, c'è il cinema, anche se leggo proprio ora che l'evento è a rischio perché gli organizzatori sono stati diffidati dalla casa distributrice del film. Praticamente, i collettivi della Sapienza hanno organizzato per venerdì 14, nel pratone dell'ateneo, una proiezione collettiva di "Sulla mia pelle", il film con Alessandro Borghi che racconta la morte di Stefano Cucchi. Peccato, però, che il film sia stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia ma non sia ancora uscito nelle sale. Come andrà a finire? Ma, soprattutto, ci possiamo aspettare una serata COSTRUTTIVA, in cui lo scopo non sia solo gridare ACAB alla fine della proiezione? Staremo a vedere: a me il film interessa, quindi penso che più in là lo vedrò.


Mi accorgo di aver scritto tanto e, forse, raccontare dei miei concerti del weekend - Ginevra Di Marco venerdì a Roma e Cristina Donà sabato a Teramo - significa mettere troppa carne al fuoco e generare confusione. Che dite, domani ci vuole un altro post?

domenica 8 luglio 2018

A quelli che scrivono "Parteciperò" su Facebook e a quelli che partecipano veramente.

Oggi vi voglio raccontare una storia.


E' la storia di una bambina che, da piccolissima, si diceva camminasse tranquillamente da sola al buio per casa e non creasse mai problemi per dormire per conto suo in cameretta, anche quando ai suoi fratelli veniva concesso il lettone o qualche coccola in più.
Crescendo, forse perché una serie di figure importanti per lei le diceva di continuo: "Attenzione, non correre, non sudare, non ti sporcare, non ti allontanare, saluta ma non dare confidenza agli sconosciuti" e via di divieto in divieto, diventò paurosa di tutto, tanto che imparò ad andare in altalena senza temere di cadere solo all'età di nove anni, in terza elementare, quando la maestra - rompendo quello schema di adulti forgiadivieti - le disse: "E' bellissimo, prova, non aver paura perché ci sono io a non farti cadere... e se anche dovessi cadere, vedi, è basso, non ti farai nulla".
Crescendo, diventando ragazza e poi donna, piano piano capì che quelle paure che l'avevano tanto protetta in realtà non la facevano vivere, le toglievano l'ossigeno e la facevano sentire perennemente inadeguata, insieme al fatto che non aveva mai dato DIGNITA' alle sue passioni, alle cose che la incuriosivano, che la facevano SENTIRE VIVA. Le aveva sminuite, si era vergognata, si era detta: "Son cose da ragazzini ed io non sono più una ragazzina".
Facendosi un gran culo, avendo l'umiltà di farsi aiutare quando aveva capito che da sola non ce l'avrebbe mai fatta, si ricostruì pezzo a pezzo, cercando parti nuove e recuperando parti vecchie e impolverate, proprio come uno di quei casali in campagna che solo un occhio attento e con le giuste risorse sa vedere come un buon investimento.
Seguì il consiglio di Caparezza in un pezzo di "Prisoner 709": "Devi fare ciò che ti fa stare bene"... e pazienza se qualcuno non è convinto che le cose che fai siano GIUSTE. Sono giuste PER TE.



Continuò ad avere le sue paure: di nuotare, di guidare, che ogni uomo nuovo che incontrava le spezzasse il cuore ma, grazie a quelle passioni che un tempo aveva temuto come "stupide, da ragazzini", iniziò a fare un sacco di cose bellissime, a viaggiare, a prendere coraggio e dire "Lo voglio, lo faccio".

Tutto questo luuuungo preambolo per dire che quest'anno, dopo i quattro giorni dall'I-Days, parto, completamente da sola, per altri quattro giorni. Le mie vacanze, quest'anno, sono queste.
Ho programmi musicali praticamente fino a marzo dell'anno prossimo, per quando, in una botta di ottimismo e incoscienza, ho preso il biglietto per andare a sentire Florence+The Machine - la rossa dea musicale che m'ha rubato il cuore dopo Tori Amos - alla Unipol Arena di Bologna, ma ADESSO c'è altro, accuratamente programmato, preparato e, soprattutto, DESIDERATO.
In un mini-tour toscano che - ho scoperto - mi porterà a passare millemila ore sui mezzi, vista la soppressione di un sacco di collegamenti regionali su cui avevo fatto affidamento, farò una tappa del Pistoia Blues Festival, quella dove suona MARK LANEGAN, e una del Lucca Summer Festival, dove a salire sul palco sarà NICK CAVE.

Non ho scelto due artisti a caso ma due che hanno conosciuto l'inferno della loro parte nera ma hanno saputo raccontarlo. E risorgere. E sono ancora qui a cantare.




lunedì 25 giugno 2018

I-Days, quarto (e ultimo) giorno.

E' finito l'I-Days. E' finita 'sta pazzia di incamminarsi ogni pomeriggio per due-tre concerti diversi, osservare, gustare, sentire e poi tornare alla casa che mi ospita a mezzanotte - l'una e scrivere.
E' finita ma è stato BELLISSIMO.
Tra mille gadget che in questo festival regalavano (caramelle gommose, patatine, mini-lattine di Coca Cola, sali minerali al gusto mojito, insomma tutte monnezze sfiziose), uno su tutti mi ha colpito: i campioncini di gel da massaggio della Control. Se sapete cosa produce la Control, immaginerete che non si tratta di gel contro la cellulite. Mi hanno fatto pensare - oltre che alla crisi della coppia (io ho ancora da qualche parte i preservativi che mi hanno regalato al Rock in Roma dell'anno scorso, probabilmente ormai son buoni giusto per farci i gavettoni) - ad una cosa carina: fare l'amore con le proprie passioni. E' bello, far l'amore con chi si ama ma anche con ciò che si ama, ed io me ne torno a Roma soddisfatta e piena di ricordi da album dei pensieri felici.
Che bello, oggi, vedere i giovani Wolf Alice suonare rock in maniera appassionata ed energica come ormai sembra così difficile che succeda tra i ventenni!
Che belli i vecchi Offspring (sapessero che li chiamo "vecchi", come minimo m'alzerebbero il dito medio in faccia), che - anche se si sono trasformati in dei discreti cicciobombi - hanno fatto un concerto fantastico, sicuramente il più divertente tra quelli di questo festival, alternando i pezzi più easy come "Why don't you get a job" a quelli tirati che negli anni '90 mi fecero innamorare di loro - e da quanto cantava forte il pubblico, penso di essere stata in buona compagnia.


Grande chiusura del festival con Queens of the Stone Age, per me una conferma visto che avevo avuto già modo di sentirli dal vivo quattro anni fa al Rock in Roma. Sempre per usare la delicata metafora del dito medio, il loro lo hanno sicuramente alzato in faccia a chi diceva che con l'ultimo album "Villains" si erano svenduti e commercializzati, visto che si erano fatti produrre da un dj come Mark Ronson, che ha lavorato con gente come Lady Gaga e Christina Aguilera.
A me quel disco piace e sfido chiunque abbia assistito al loro live di stasera a dire che hanno ammorbidito i suoni.
Esperienza felice e non è finita. Visto che mi aspetta un agosto lavorativo e cittadino, per luglio mi sono fatta un altro regalo musicale di quelli belli sostanziosi che piacciono a me.
Racconterò tutto tra un po', nel frattempo grazie a chi ha letto sul blog questi quattro giorni di cronaca, a chi ha condiviso, a chi ai miei vocali mandati in diretta dai concerti ha risposto con dei messaggi dolcissimi. Grazie a tutti voi ma, soprattutto, grazie alla musica, che mi ha fatto capire che E' QUESTA, CASA MIA.


domenica 24 giugno 2018

I-days, terzo giorno.

Un po' di considerazioni al volo su questo terzo giorno di I-Days, perché se è vero che questa è la sera in cui sono arrivata prima a casa, è anche vero che c'ho addosso una stanchezza che lèvate, anche se è una stanchezza di quelle belle, di quando stai vivendo qualcosa che ti appassiona e senti che le preoccupazioni per un po' sono distanti, che sei riuscita a svuotare la mente che troppe volte assomiglia ad un cassonetto, piena come è di pensieri inutili e spesso dannosi.
A Milano da ieri le temperature si sono abbassate e tutto è diventato più godibile.
A dispetto delle mille critiche che leggo su fb sull'organizzazione e la location di questo festival, io continuo a trovarle straordinarie ma forse è solo come dice la mia amica Raffaella: è perché vengo da Roma, che in questo momento storico è un po' come dire "vengo dal Burundi".
Tutto è perfettibile, per carità, ma vedere gente che pure ad un festival rock è in grado di fare la raccolta differenziata o pensare che esistono luoghi per eventi lontani dal centro città ma facilmente raggiungibili coi mezzi - problema che chi mi conosce sa benissimo che per me è CRUCIALE - è quasi commovente (ancora mi ricordo della volta in cui sono andata a sentire gli Smashing Pumpkins, cinque anni fa al Rock in Roma di Capannelle, e ci ho messo la bellezza di TRE ORE per tornare a casa coi notturni).
Oggi sono arrivata in tempo per sentire i Ride, di cui avevo ascoltato qualcosa su youtube e che sembrano essere molto più energici dal vivo che su disco, e assistere con comodità al live dei Placebo.
I Placebo sono stati per me, sul finire degli anni '90, un gruppo di CULTO. Ho adorato i loro primi due album, specie "Without you I'm nothing", e li ho visti in concerto tre volte, questa era la quarta.
Fatto salvo il primissimo live, che avevo visto un milione di anni fa al Palladium proprio mentre usciva il loro secondo album, negli altri due non mi avevano convinto granché. Mi sembravano sempre svolgere il compitino, senza concedere nulla all'emozione, e trovavo insopportabile che Brian Molko ogni santa volta dovesse fare la checca pazza questionando dal palco con qualche ascoltatore a cui vedeva fare cose che non gli andavano a genio (l'ultima volta, sempre a Rock in Roma, mi ricordo che se l'era presa con uno che riprendeva il concerto con l'i-pad).
Stavolta è stato diverso: Brain Molko non è più l'androgino ragazzino che trovavo così sexy ma un signore con un filo di pappagorgia che, però, oggi ha fatto davvero un gran concerto, anche se era strano ascoltare le loro canzoni intrise di immaginario dark col sole delle 19.45 e il cielo azzurro di una bella giornata sullo sfondo. Evidentemente, la durata breve del set (poco meno di un'ora e un quarto) giova alla resa. Anche se è mancata qualche chicca che avrei gradito, tipo "Bruise Pristine", e niente classiconi come "Without you I'm nothing", che nella versione che cantarono con David Bowie è bella da lacrime, o "Every you, every me", hanno aperto con Pure Morning e suonato un sacco di pezzi fantastici come "Twenty years", "Too many friends" o "Protege moi".


Anche se ho avuto la ventura di capitare in un punto in cui si vedevano bene sia il palco che i maxi-schermi ma sembrava di stare in mezzo a delle salme, mi hanno lasciato la sensazione che, secondo me, lasciano tutte le belle cose, persone e situazioni con cui si viene in contatto per una durata limitata: la voglia di rivedersi ancora.

Bello il set di Noel Gallagher, anche se molto diverso da quello del fratello Liam, che aveva suonato giovedì nella giornata di apertura. Meno legato al passato, evidentemente orgoglioso dei pezzi composti per il progetto con gli High Flying Birds, che sono la sua nuova band, ha fatto poche concessioni alla nostalgia ed è giusto che sia così, non si può vivere solo di ricordi.
Scene indimenticabili: Noel sul palco, in un arrangiamento anche un po' più sofisticato di quello originale, che canta "Wonderwall" e degli ominidi, sicuramente ultratrentenni oppure che portavano i loro anni malissimo, a petto nudo vicino a noi che continuavano a fare un tristissimo pogo di panze sballonzolanti (pogare su "Wonderwall"... ma come se fa!?!?) mentre si riprendevano girando un video col cellulare... e poi ci lamentiamo dei sedicenni - ___-
Quando Noel ha cantato "Don't look back in anger" ho pensato che, se davvero un giorno gli Oasis si dovessero riunire per risuonare tutto il loro vecchio repertorio, sbancherebbero in qualunque data: i loro pezzi sono amatissimi, includendo magari nella set list anche qualcosa dei Beatles, come ha fatto Noel che ha chiuso il concerto con "All you need is love" (del resto, il gruppo ha una bella sezione di fiati e se lo poteva permettere).
Dopo Noel Gallagher c'era il dj Paul Kalkbrenner a mettere i suoi pezzi ma abbiamo accannato.
Domani c'è la giornata che - ipotizzo - avrà il più alto tasso di testosterone del festival: Offspring e, soprattutto, Queens of the Stone Age. Vado a letto sennò il radar anti-ominidi domani non mi funziona a dovere.

sabato 23 giugno 2018

I-days, secondo giorno.

Eccoci, secondo giorno di I-Days andato. Ieri sì che sembrava davvero di stare ad un mega-festival internazionale: area più grande, palco IMMENSO, torri con un milione di altoparlanti per un suono bello denso e pieno.
Sono arrivata senza intoppi verso le 18.30, sul palco c'erano Catfish and the Bottlemen. Mai visti né conosciuti però in giro per l'area c'era qualcuno con la loro maglietta. Non mi sono sembrati male ma ero troppo impegnata a guardarmi intorno e godermi l'atmosfera per ascoltare con attenzione.
L'erba stavolta era vera, mi son trovata un posto all'ombra e mi sono seduta. Impossibile, per me, pensare di poter arrivare prima o stare al sole. Voglio arrivare a domenica (e oltre) e voglio arrivarci VIVA, quindi bisogna dosare le forze.
Alle 19.30, puntualissimi, sul palco gli Stereophonics, che però, per me, fan parte di quelle band di cui pensi: "Bravi ma continuerò ad ascoltare altro". "Have a nice day", sicuramente la loro canzone più famosa con "Maybe tomorrow", non l'hanno manco suonata... forse, dopo averla venduta per lo spot delle assicurazioni, la odiano.
Leggo su fb di gente che si sta lamentando per tutto: c'è troppo da camminare, i parcheggi costano un botto, la fila per mangiare è lunghissima, i Pearl Jam hanno suonato troppo poco. 
CAZZATE (oddio, sui Pearl Jam poi ci torniamo).
Lagnosi che non siete altro: scarpe comode e vai, la macchina la metti un po' più distante e, così, non ti imbottigli nemmeno nel traffico all'uscita (oppure la lasci a qualche fermata e prendi la metro che arriva fino lì e che ieri sera, grazie al cielo, partiva di continuo), il panino te lo porti da casa perché certo non ti puoi aspettare di fare a Rho Fiera la tua cena gourmet (e, magari, vuoi pure spendere poco). Non ve lo meritate, il rock... pensate al pòro Eddie Vedder!
Non ci siamo: per carità, se l'alternativa era annullare, non vedo scelta ma l'esibizione di ieri ha avuto qualcosa di abbastanza triste. Pur nell'entusiasmo generale, più volte mi sono ritrovata a pensare a Seattle, la città dove piove sempre e dove tutto è cominciato.
Premetto che era il mio primo concerto dei Pearl Jam: le aspettative erano alte, un po' per quel che avevo visto l'anno scorso all'Arena del Visarno col solo Eddie, un po' perché la leggenda narra che i live dei Pearl Jam siano indimenticabili per durata ed intensità, secondi forse solo a Bruce Springsteen. Ecco, diciamo che il concerto di ieri non credo entrerà nella leggenda. Due ore scarse sostenute fondamentalmente dalla bravura della band - il chitarrista Mike McCready in testa - e dal calore dei fan. Eddie Vedder ha fatto quello che ha potuto ma, considerato che the show must go on e ha già solo in Italia altre due date, più di così era impossibile. 
Però non basta, almeno per me. 
Su "Even flow" praticamente ha cantato solo il pubblico e ok che Eddie aveva detto: "Stasera fate parte della band" però dai, questo è un trucchetto alla Vasco Rossi!!!
Tenero quando leggeva in un italiano inframmezzato dall'inglese, quando ha parlato della sua "first prima volta" in concerto a Milano nel '92 e, come allora, ha deciso di aprire con "Release", quando ha fatto salire sul palco la moglie per brindare con lei - intrecciando le braccia mentre le mani reggevano i bicchieri di plastica modello vecchietti che festeggiano le nozze d'oro - al ricordo dei 18 anni fa in cui si incontrarono alla fine di un concerto proprio al Filaforum di Assago. Grande cuore ma ho visto anche tanta fragilità, altro che "Eddie Vedder ritrova la voce e trionfa a Milano", come ha titolato qualche blasonata pagina.
Una cosa bella e che si può toccare che mi porto dietro è il poster del concerto. I Pearl Jam - così come Vedder da solista- fanno realizzare un poster diverso per ogni data in cui suonano. Quello di Milano è spettacolare, con una qualità di carta e di stampa ottimi persino nell'odore, realizzato da un artista italiano che si chiama Francesco Francavilla


Oggi aspettiamo Placebo e Noel Gallagher... staremo a vedere.

venerdì 22 giugno 2018

I-Days, primo giorno.

Era una vita che sognavo di farlo: tornare da un concerto, anche tardissimo, e scrivere qualcosa subito, a caldo (a caldo è proprio il caso di dirlo, oggi a Milano ci saranno stati almeno 35 gradi).
Sono devastata, ho le gambe che sembrano due blocchi di cemento armato e - porcoggiuda - siamo solo al primo di quattro giorni. Domani sceglierò come regolarmi ma oggi... che bello, oggi!
Pubblico come prevedibile quasi tutto over 30. L'area è grandissima e prima di arrivare al palco si cammina per millemila chilometri... peccato che poi la zona concerti non sia poi così grande! Domani chi arriva tardi per i Pearl Jam rischia veramente di vederseli appeso all'Albero della Vita che campeggia fuori dall'area. Oggi faceva un caldo boia a pomeriggio e sedersi ad attendere sull'erba sintetica che hanno piazzato per simulare un verde inesistente non è stata una gran bella idea: il pantalone è diventato una specie di guainetta effetto sauna, speriamo serva almeno per la cellulite.
Una cosa buona sono i bagni: regà, non pensate che sono prosaica! Quando stai ORE fuori casa, avere un sufficiente numero di bagni a disposizione, tenuti anche in condizioni decenti, ti fa stare molto più sereno. Tra l'altro, siccome si tratta di stanze da bagno e non di bagni chimici, si risolve pure il problema del token, il gettone per comprare l'acqua, anche perché ti chiedono mezzo token (un euro e 50) per una bottiglietta da mezzo litro: tu, invece, metti la bottiglietta che ti sei portato da casa sotto il rubinetto et voilà.
Dopo questo lungo preambolo, passiamo alla musica.
Richard Ashcroft bravissimo voce, chitarra e giubbotto di paillettes su maglietta della Ferrari, per quel tocco di coatto che su un palco non guasta mai. S'è fatto pure ricrescere i capelli e, giuro, quando ha attaccato "Sonnet" veramente si è azionata la macchina del tempo e siamo tornati tutti nel '97.
Non vi dico quando è arrivato sul palco Liam Gallagher con gli occhiali da sole e il parka giallo indossato pure con quei 15.000 gradi (chiuso fino al collo, per di più, a fine set 'sto parka era pezzatissimo): anni '90 PURI. Vince lui la palma del più amato. A me, il suo concerto è sembrato più affollato e vissuto "de core" dal pubblico del nome di punta del giorno, The Killers. Bravi, Brandon Flowers tiene bene la scena col suo sorriso smagliante e hanno fatto ballare tutti (però il pubblico che ondeggia le braccia da un lato all'altro lasciatelo a Dave Gahan quando fa "Never let me down again", perché non c'è storia). Per questo tour non hanno lesinato sui led e sulle tamarrate festaiole che ai concerti fanno sempre piacere, tipo coriandoli e fuochi sul palco ma non li ho mai ascoltati granché e mi sa che continuerò così.
Con Liam è stata un'altra cosa. Quando ha attaccato "Live forever", che ha chiuso il suo set subito prima di "Wonderwall", davvero mi si sono sentita un po' commossa. "Forse voglio solo volare, voglio vivere, non voglio morire..."
Mi è tornato in mente Eugenio, un mio amico dei tempi delle medie e del liceo, una persona che non vedo da anni e che forse, anzi sicuramente, è stato il mio unico vero amico maschio nella vita. Lui adorava gli Oasis negli anni dell'università, era veramente un cultore ed ho avuto voglia di chiamarlo, in quel momento, mandargli un messaggio su whatzapp per dirgli che lo pensavo.
"As you were", è apparso scritto sullo schermo alle spalle di Liam quando ha finito di cantare. E' il titolo del suo disco. "Come eri"... però ancora, almeno per oggi, almeno nei ricordi, almeno nell'energia che ci rimane, come sei.

mercoledì 20 giugno 2018

La tua passione ti può portare OVUNQUE

Questo post è in cantiere DA GIORNI, più precisamente da venerdì 8 giugno, quando la mia curiosità mi ha portata ad assistere ad un live INCREDIBILE, quello di Fantastic Negrito al Monk.
Lui è un afroamericano di 50 anni che, però, sembra senza età, forse perché ha vissuto tante vite come un gatto. L'ultima è quella dopo l'incidente che lo ha lasciato in coma per tre settimane, segnandolo con delle vistose cicatrici sul braccio destro. Gli avevano detto che non avrebbe mai più potuto suonare la chitarra. Che ha fatto lui? Dopo aver ripetuto MERDA almeno 15.000 volte, si è inventato uno stile che gli consente di suonare la chitarra comunque. Da qualche giorno è uscito il suo disco nuovo, ""Please, don't be dead", "Per favore, non morire", e a noi che eravamo al suo live ha regalato uno spettacolo meraviglioso, energetico, VITALE.



Lui non è morto, proprio per niente: ha scelto di non arrendersi e continuare a vivere e fa impressione pensare che è tornato sui palchi aprendo i concerti per Chris Cornell, due anni fa, nell'ultimo tour prima del suicidio. Il suo ricordo di Chris, riportato in parte anche al Monk ("mi ha sentito su youtube e ha scelto di credere in me, permettendomi di suonare voce e chitarra prima di lui"), è stato molto toccante.
Con il suo suono che è un misto di blues, di soul, di funk e di un sacco di adrenalina ha fatto sentire molto vivi anche tutti noi che eravamo lì tra il pubblico a godercelo.



La trap e le sue terrificanti vocine modificate con l'autotune, i cantautori indie banalissimi che si sentono poeti delle piccole cose perché partoriscono gli immortali versi "vongole e bottarga, andiamo senza targa" o scrivono un testo facendo le addizioni con le bustine del paracetamolo (sarebbe bello fosse uno scherzo ma, purtroppo, non è così) erano lontanissimi: quella sera al Monk eravamo vecchi ed eravamo fighi e fieri di esserlo, tipo i Foo Fighters nel video di "Run".


A proposito di vecchi, sembra che la presenza di fan over 40 all'I-DAYS FESTIVAL che inizia domani nella ex area dedicata all'Expo a Milano sarà notevole: BENE, perché è proprio lì che sto andando!
Vi scrivo dal treno - una cosa che mi diverte sempre molto - e, mentre lo faccio, ancora non si sa se i Pearl Jam, che sono gli headliner di venerdì, riusciranno ad esibirsi, visto che Eddie Vedder ha dovuto annullare l'ultima data prima di quella milanese perché era senza voce. Io, però, sono ottimista, nonché felicissima di vivere, a 44 anni, per la prima volta nella mia vita, un festival PER INTERO!
 Quattro giorni di musica e devasto fisico: uno sano di mente si prenderebbe le ferie per riprendersi da quelle che, invece, per me SONO le ferie.

Ho pensato, sulla scia di un articolo molto divertente che avevo letto su Rockit, che poteva essere utile stilare un mini-vademecum di consigli pratici atti a favorire una felice esperienza per chi, come me, si appresta a vivere una o più giornate intere dedicate alla musica. Se la cosa vi alletta, non abbiate paura (sembro il papa): andandomene da sola, l'anno scorso, al Firenze Rocks proprio per sentire Eddie Vedder, io ho collezionato una delle più belle giornate della mia vita.

Ecco la mia lista:

  • che vi muoviate coi mezzi pubblici o con l'auto, avviatevi per tempo. Ormai, con le norme antiterrorismo agli ingressi, può capitare il controllore all'acqua di rose ma anche quello che vi farà tirare fuori dallo zaino persino i vecchi scontrini dimenticati sul fondo.
  • a proposito di zaino: zaino si fa per dire. Gli zaini DANNO FASTIDIO, specie se durante i concerti ve li mettete dietro le spalle e vi muovete come dannati. Compratevi o ripescate dall'armadio una borsa a tracolla o un pantalone di quelli con cinquantamila tasche e avrete il vantaggio di avere le mani libere senza urtare il prossimo.
  • magliette, possibilmente di cotone (ho visto gente in giro sotto il sole CON LA MICROFIBRA... follia pura), perché le canotte lasciano troppa pelle al sole (il  melanoma non  è uno scherzo, purtroppo) e la cinghia della borsa, alla lunga, ti taglia tutte le volte che va su una parte scoperta, specie scottata. Se hai la pelle chiara, crema solare e cappello ti fanno stare più tranquillo.
  • non lesinare su sapone e deodorante prima di uscire di casa. L'ascella pezzata è normale, l'ascella pezzata fetente no. Se ti chiedi perché l'ultima relazione che hai avuto risale a svariati anni fa, prova ad annusarti le ascelle e le altre parti a rischio per scoprire una eventuale ragione.
  • no a sandali e infradito. Non aspettate che vi pestino un piede per scoprire il motivo del mio suggerimento.
  • i fazzolettini umidificati dovrebbero passare i controlli: anche se abitualmente non li usi, quando sarai impastato di sudore e polvere, ne riscoprirai l'incredibile utilità
  • mangiare e bere si può anche in loco ma le file sono spesso lunghissime e costa tutto un botto. Portati roba leggera ma che tappa lo stomaco, tipo barrette di cereali o crackers e ricordati che sei lì per la musica: perdersi l'inizio di un concerto perché sei in fila per la birra, anche no.
  • l'acqua merita un capitolo a parte. La mia esperienza al Firenze Rocks è stata abbastanza terrificante da questo punto di vista, dato che a 'na certa lì si son messi a vendere bottigline che erano state al sole ed avevano raggiunto temperature che le rendevano buone per farsi la doccia. Portarsi più di due bottigliette da mezzo litro dietro sarà difficile, perché pesano e perché fanno 'sta ladrata di farti buttare i tappi all'ingresso. Loro vogliono fregare te, tu frega loro: tappi di riserva in luoghi dove non batte mai il sole - tanto ti sei lavato, giusto? - e le bottiglie si ritappano appena entrati.
  • porta con te la curiosità, la voglia di scoprire e di condividere e, anche se sei solo, ricorda: CON LA MUSICA NON SEI SOLO, MAI.




lunedì 7 maggio 2018

Due o tre cose che ora so su Berlino (28 aprile-1°maggio 2018)

Una volta, in un lontano viaggio in autobus, di quelli che durano tre e più ore, incontrai un tizio che aveva voglia di chiacchierare e di ascoltare. Non so come, finimmo a parlare dei miei genitori e del fatto che vivere sempre nella stessa realtà renda "chiusi". Lui mi disse: "Beh, in fondo anche tu hai vissuto solo a Roma, oltre che nel tuo paesello d'origine" (a me aveva raccontato di aver vissuto in svariati posti del mondo).

                                           Touché!

Ho ripensato a lui, nel mio mini-viaggio a Berlino, e mi son chiesta quanto, nella vita, ci permettiamo di osare per scoprire qual è il posto del mondo a cui apparteniamo DAVVERO.
Dico questo perché Berlino mi ha colpito davvero tanto: mi hanno colpito il suo ordine, la sua pulizia,  le sue trenta (TRENTA, a Roma sò 3) linee di metro, i suoi ettari ed ettari di verde tenuti benissimo. Mi hanno colpito il rispetto delle regole, i chilometri di pista ciclabile, il fatto che tutti - grandi e piccoli - parlino benissimo inglese e si sforzino di capirti e farsi capire, il fatto che venga considerata una delle città più sicure al mondo per una donna che voglia viaggiare da sola. A Roma abbiamo ricominciato a fare le foto ai cassonetti stracolmi (forse, in verità, non abbiamo mai smesso) ed io soffro. Soffro per la sporcizia, per il pressappochismo, per quel "volemose bene", quel "magna tranquillo" che ci hanno portato a far diventare molte città italiane, la Capitale in primis, un unico, grande troiaio.
Ma torniamo a Berlino.
Un amico mi ha chiesto quali sono le tre imperdibili attrazioni da non mancare in città.
A me sono rimaste molte curiosità aperte, specie perché il tipo (un ragazzo italiano che vive a Berlino da 8 anni) che avevo contattato attraverso la pagina Berlino cacio e pepe a cui mi ero affidata per un tour guidato - che io avevo chiesto fosse incentrato prevalentemente sulla street-art - mi ha fottuto "italian-style" facendomi vedere più che altro cose che era lui in grado di illustrarmi, evidentemente, e di murales e graffiti ben poco (ho scoperto solo dopo che a Berlino c'è un lavoro di Borondo ed io, che ADORO Borondo, non l'ho visto... vi rendete conto di che sòla pazzesca è questa???)

Murales di Borondo a Berlino, foto presa dall'Huffington Post

Per fortuna, col tipo "cacio&pepe" son riuscita per lo meno a vedere il murales che Blu, altro artista magnifico, ha realizzato a Kreuzberg, quartiere alternativo di Berlino che sicuramente merita una visita. Il lavoro si chiama "Leviathan", come il mostro biblico e come l'incarnazione del potere totalitario secondo Hobbes (grazie wikipedia, tanto ormai dei miei studi classici è rimasto solo un ricordo lontano) , ed è un uomo gigante formato di omini piccoli di cui si nutre.

Foto presa da Tripadvisor (a 'sto giro mi son venute tutte particolarmente brutte)


Gianluca "cacio&pepe", in realtà, ci ha pure portato a vedere il punto in cui sorgevano i due murales che Blu ha cancellato nel 2014, dopo aver scoperto che l'area semi-abbandonata in cui li aveva realizzati era oggetto di una forte speculazione edilizia. Ho cercato le foto pre-cancellazione: in uno dei due c'è un primo piano sui polsi di un uomo con due orologi d'oro legati tra loro da una catena (è evidente che Sferaebbasta non ha mai visto questo murales e, molto probabilmente, non ha la più pallida idea di chi sia Blu e quale sia il suo messaggio).

Foto da Repubblica

Ora, al posto delle due opere, ci sono due enormi pareti marroni vuote ma non completamente: su una delle due si intravede disegnato il contorno di un gigantesco DITO MEDIO... ditemi se questa non è GENIALITA'!

Imperdibile è un giro lungo la Sprea, il fiume che bagna Berlino, magari al termine della visita alla East Side Gallery, trancio di Muro di circa un chilometro e mezzo completamente istoriato di graffiti, non tutti imperdibili ma sicuramente interessanti, anche per riflettere su tutto quello che il Muro ha rappresentato negli anni in cui è rimasto in piedi a dividere Berlino est da Berlino ovest e per sentirsi per un po' nel video di "Everything Counts" degli amati Depeche Mode, interamente girato nella Berlino pre-caduta Muro, nell'83.


A proposito di Depeche Mode, gruppo da sempre dichiaratamente amante - ricambiato - di Berlino e della Germania, mi è venuto da sorridere nel vedere in una vetrina del centro commerciale Bikini Berlin una serie di articoli fetish in tutto e per tutto simili a quelli che Martin Gore indossava negli anni' 80. Evidentemente, ci sono generi anche nel settore "sexy" che non perdono estimatori al di là delle mode e del passare del tempo.



Il Bikini Berlin è molto carino perché diverso dai soliti agglomerati di negozi, sia per il tipo di acquisti che si possono fare che per la bella e grande vetrata che dà su uno scorcio del vicinissimo zoo.

Imperdibile a Berlino è una puntata, la domenica mattina, al mercatino del Mauerpark. In realtà, chiamarlo mercatino è alquanto riduttivo perché è IMMENSO. Quello che dicono le guide è vero: turisti e abitanti si mescolano tra le bancarelle che vendono di tutto, dagli oggetti da svuotacantine ad artigianato delizioso (e costoso) realizzato da artisti locali, in un'area verde che, se avete la fortuna come me di capitare in una giornata di sole, è veramente bellissima. Particolarità di questo mercato è che nello spazio verde è presente un'arena in pietra, al centro della quale si esibiscono artisti di strada veramente bravi, non i soliti scalzacani che spesso affollano le nostre metro e che pagheremmo per smettere. Si organizzano delle date di karaoke affollate da migliaia di persone e su youtube ci sono dei video che restituiscono bene l'atmosfera... come sentirsi rockstar per un giorno o anche solo per il tempo di una canzone :)
Fuori dal parco, ad esibirsi, ho incontrato i Daiana Lou, duo italiano che aveva avuto un suo momento di celebrità partecipando alla penultima edizione di X-Factor. Quando li ho visti, non avevano un'aria molto in forma... spero che, nel ritornare alla loro vecchia vita da buskers, ora siano più felici ed abbiano ritrovato quell'autenticità che non sorprende mancasse in tv.


Al mio racconto manca un momento, quello che mi ha emozionato di più: mentre ero a bordo del 100, un bus di linea che al costo di un normale biglietto ti fa fare un giro turistico che va da Alexanderplatz allo Zoo di Berlino, all'improvviso mi sono trovata di fronte alla Colonna della Vittoria. Non ci pensavo, non avevo nemmeno idea di dove fosse ma me la sono ritrovata davanti, altissima nella giornata luminosa ma col sole al tramonto, e ho ripensato ai film di Wenders, "Il cielo sopra Berlino" e "Così lontano, così vicino", in cui quella colonna è il punto di osservazione da cui gli angeli guardano gli esseri umani.

Dalla pagina Wikiwand

Splendido scatto dalla pagina Framepool & RightSmith Stock Footage

Al ritorno si era fatta sera ed ho voluto scendere dal bus per guardarla meglio e fare una cosa: cercare su youtube il video di "Stay" degli U2, in cui pure Bono viene ripreso su quella colonna, spararlo a tutto volume dal cellulare e pensare: "Chissà, forse un giorno sarò qui, sotto una luna altrettanto bella, in una serata altrettanto serena,  con qualcuno che proverà un'emozione grande come quella che sto provando io in questo momento".

"Quando il bambino era bambino
una volta si  svegliò in un letto sconosciuto
 e adesso questo gli succede sempre.
 Molte persone gli sembravano belle
e adesso questo gli succede solo in qualche raro caso di fortuna
.............. 
A ogni monte sentiva nostalgia per una montagna ancora più alta
e in ogni città sentiva nostalgia per una città ancora più grande
ed è ancora così.
Sulla cima di un albero prendeva le ciliegie tutto euforico 
com'è ancora oggi. 
Aveva timore davanti ad ogni estraneo 
e continua ad averlo.  
 Aspettava la prima neve e continua ad aspettarla".
Peter Handke, "Elogio dell'infanzia" (da "Il cielo sopra Berlino")