martedì 11 maggio 2021

Lasciami il piacere di sognare per due ore: il ritorno in sala de "Il favoloso mondo di Amélie".

Qualcuno si sta affrettando (buon ultimo, un articolo che ho letto oggi su "Rolling Stone Italia") a dirci quanto trovi patetico e odioso il personaggio di Amélie Poulain, protagonista della pellicola-culto "Il favoloso mondo di Amélie". Per me, invece, chiudermi oggi pomeriggio in una sala, a recuperare questo film - che trovo sia un piccolo capolavoro - uscito vent'anni fa, è stato davvero uno dei piaceri della vita, come per Amélie sarebbe stato rompere la crosta della creme brulèe con la punta del cucchiaino o ficcare la mano nel sacco dei legumi.
La colonna sonora magnifica di Yann Tiersen, il colore, gli ambienti, i costumi senza tempo... i dialoghi, i personaggi indimenticabili... al centro, la storia di una ragazza che non ha mai imparato a dare spazio ai suoi desideri più autentici e a lanciarsi per realizzarli ma, impaziente di dare un senso alla sua vita, inizia con l'aiutare gli altri a realizzare i loro, di desideri, per esempio aiutandoli a fare pace col passato (il momento del ritrovamento della scatola dei tesori del bambino di un tempo riesce a farmi piangere esattamente come vent'anni fa). Succede, però, che "se un sogno si attacca come una colla all'anima", come avrebbero cantato gli Afterhours molti anni dopo, prima o poi ci dovrai fare i conti, pena un insopprimibile, perenne peso nel cuore e Amélie capisce fin dal primo incontro con Nino che il suo sogno è lui. Non sarà facile, per Amélie, perché, per paura di essere delusa, fin da piccola, quando non le era permesso di giocare con gli altri bambini e lei suppliva creandosi amici immaginari, è più abituata a confrontarsi coi castelli in aria che con la realtà ma lei non ha scelto Nino a caso: lei ha scelto Nino perché Nino parla la sua stessa lingua, Nino la può capire, non scapperà. E infatti.
All'epoca della sua uscita in sala, io ero giovane e ancora nella fase "tigre dai denti a sciabola": dovevo sempre e ad ogni costo dimostrare di non essere una donna fragile e non lo andai a vedere perché pensavo, per partito preso, che fosse un insopportabile polpettone. Poi, ben due persone che mi conoscono bene mi dissero: "DEVI vederlo, è proprio un film per te" (probabilmente avevano capito di me molte più cose di quante non ne avessi capito io di me stessa). Da allora, credo di averlo visto, senza esagerare, almeno trenta volte, ventinove delle quali da sola. E allora, a chi sta trovando questo ritorno in sala (ancora per domani, a Roma lo danno al Giulio Cesare e all'Eurcine) terribilmente "cringe", come direbbero i giovani o chi si sente tale, io rispondo con le parole di "Giudizi Universali" di Samuele Bersani: "Togli la ragione e lasciami sognare, lasciami sognare in pace."