sabato 20 marzo 2021

Cercando la propria voce.

E' durissima, per chi ha sempre tollerato un lavoro che non ama perché gli consentiva di finanziare le sue passioni, quando è rimasto solo il lavoro senza le passioni. Il mio tempo lavorativo pienissimo versus il mio tempo libero vuotissimo di tutto quello che amo mi hanno lasciato comunque la curiosità di scoprire cose che accendono la mia attenzione che, in questo momento, è molto rivolta alla musica (come sempre) e al mondo dei giovani e giovanissimi, forse perché sento come fosse mia la loro sofferenza ed inquietudine, tutte quelle gite saltate, concerti cancellati, baci non dati, persone che non riesci più ad incontrare. Ieri sono usciti due dischi nuovi, fatti da giovanissimi e, si presume, per i giovanissimi. Io, anche se vado per i 47, li ho ascoltati tutti e due. Il primo, "Teatro d'ira vol. 1" dei Maneskin, al primo ascolto è pura plastica in salsa rock semplice semplice. I testi sono banalissimi e a volte fanno pure un po' ridere, davvero ti viene in mente Roberto Freak Antoni quando cantava "Sono un ribelle, mamma" con gli Skiantos. La musica... che dire... magari avrà il merito di avvicinare ad un genere che ha MOLTISSIMO di meglio da offrire un po' di persone che nella vita han sempre ascoltato altro. Loro sono simpatici nella loro sfrontatezza e bellissimi, speriamo che la fabbrica di plastica di cui parlava Gianluca Grignani in una bella, lontanissima canzone, non li inghiotta e risputi. Il secondo disco è "Madame" dell'omonima artista vicentina di diciannove anni che già tantissimo mi aveva colpita a Sanremo. Lei mi è piaciuta da subito, ho sentito che, lì dove le critiche la massacravano dicendo, tra le altre cose, "Non si capisce un cazzo quando canta", c'era invece la sua forza. E' vero, in alcuni punti storpia e distorce ma, nel magma della confusione, emergono delle immagini potentissime, che non possono non colpire, come "quel bosco di me" di cui canta in "Voce", il pezzo di Sanremo. A voi, la vostra vita interiore non è mai sembrata quella "selva oscura" di cui parlava Dante nella Divina Commedia? Non vi è mai sembrato di avere dei rami intricatissimi dentro, attraverso i quali è difficilissimo vedere se da qualche altra parte c'è luce? A me sì. Madame - Francesca nella vita privata - si è fatta intervistare per "Sette", l'inserto del Corriere della Sera, dalla scrittrice Teresa Ciabatti, di cui in passato ho letto tre libri bellissimi e feroci, in cui parla di infanzia e famiglia in una maniera originalissima, spietata, divertente, malinconica. Chissà se Madame ha letto i libri della Ciabatti o se la Ciabatti, prima dell'intervista, aveva ascoltato in anteprima il disco di Madame. Io vi dico solo che, al di là dell'odioso autotune e delle espressioni da ragazza cattiva, c'è un mondo veramente interessante dentro questo disco. Un pezzo, in particolare, mi ha colpito tanto. E' la undicesima traccia di quindici, si chiama "Mami Papi" e si apre con la voce di Francesca che fa la parte di sua madre (o forse hanno tutte e due la stessa voce, chi lo sa). Quando canta al padre "Papi, cantami un po' di Faber, anch'io voglio scrivere, dimmi che l'amore esiste anche per me, dimmi che i porno non mi hanno rovinato il cervello, dimmi che vi siete amati quanto amate me, dimmi che un errore è sempre perdonabile... Dimmi che sono più grande del tuo ego, dimmi che ti ho fatto crescere, dimmi delle figlie delle amiche, io non son di meno" a me si stringe proprio il cuore e avrei tanta voglia di abbracciare questa ragazza che potrebbe essere mia figlia o mia nipote o me stessa a quell'età. Voi a diciannove anni avreste saputo comunicare con questa lucidità? Io non ci riesco nemmeno quasi trent'anni dopo, qualcuno, probabilmente, non ci riuscirà mai ma sarà bello se una canzone lo aiuterà perché, se dai un nome alle cose, a fatti, pensieri, stati d'animo, quelle cose le conosci un po' di più e. forse, fanno un po' meno paura.