venerdì 2 luglio 2021

Ricordi, poesie e una sola rosa dura che non basta più.

La storia delle produzioni artistiche di qualsiasi tipo, che siano canzoni, quadri, film, è piena di personalità che definire "disturbate" è eufemistico ma che hanno regalato al mondo bellezza e poesia, in una scissione un po' schizofrenica tra creatore e creatura. 
Ci sono, però, casi in cui la grazia della produzione sembra coincidere a pieno con il cuore e il cervello che l'hanno generata ed uno di questi casi, per me, è incarnato da una cantautrice italiana che amo molto, Cristina Donà. 
Il banco di prova della validità di un artista è da sempre, per me, il live, dimensione mai identica, non replicabile nemmeno nelle registrazioni più all'avanguardia e che mette in comunicazione con meno filtri possibili chi è sul palco e chi gli sta davanti. 
La carriera di Cristina Donà nel mondo della musica inizia nel 1997, col bellissimo album "Tregua" prodotto dal sempre lungimirante Manuelone Agnelli, ma io l'ho vista per la prima volta dal vivo solo nel 2010, quando suonò al Lian Club, che ora ha trovato casa su un barcone ormeggiato sul Tevere ma che, all'epoca, era un locale di San Lorenzo. Ricordo un concerto intensissimo, in cui era talmente palpabile che si stava creando qualcosa di bello e profondo che il locale, circondato da finestroni, era accerchiato da persone che cercavano di rubare qualche nota da quelle aperture e, fidatevi, il quartiere San Lorenzo a Roma, la sera, già all'epoca era un divertimentificio, era ed è difficile far fermare qualcuno che non prevedeva di farlo. 

Ma Cristina sa far fermare. 

Ricordo che, quella sera, ascoltai per la prima volta la canzone "Invisibile", che non conoscevo, e la notte, stesa sul divano della casa che mi ospitava dopo il concerto, ancora ripensavo a quelle note e a quelle parole: "Invisibile come sempre... quando è tardi per dire che non sopravvivo". 




Sentirsi invisibili, sentire di non valere niente quando la persona che ami nemmeno ti vede... non credo conterei molte mani alzate se chiedessi chi non ha mai provato questa sensazione e no, non succede solo in adolescenza. "Invisibile o, forse, è solo una mia immagine..." 
Anni dopo, nel 2011, al firmacopie di un album che ha un titolo che per me è un autentico manifesto di vita, "Torno a casa piedi", vincendo la mia proverbiale paura dell'accollo mi avvicinai a Cristina per farle firmare la mia copia del disco e le dissi: "Sai, Cristina, io in questo periodo ho due ascolti fissi: il tuo album "Dove sei tu" e "L'amore non è bello" di Dente". L'ascolto di Dente ormai l'ho abbandonato ma con quell'album, che era uscito nel 2009, ero in fissa totale. "Dove sei tu", invece, è il disco che contiene "Invisibile". Contiene anche molto altro, ovviamente, ma io ero legata a quella canzone. Ricordo ancora lo sguardo dolcissimo e materno di Cristina mentre mi disse: "Bellissimo, il disco di Dente, ma ascolta anche cose più allegre, mi raccomando". Me lo disse guardandomi VERAMENTE, con partecipazione sincera, mi sembrò come se sentisse il mio dolore. Ci mancava che ci mettesse vicino un "fija mia" - improbabile perché non è romana - ed eccallà, mi sarei sentita adottata in venti secondi. 



Sono passati, da allora, ben dieci anni, ho seguito la carriera di Cristina Donà e i suoi live ovunque fosse possibile: a Roma, a Milano, l'anno scorso col progetto "Seasongs" pure a San Benedetto del Tronto, in una serata in cui faceva talmente freddo che, con l'amica con cui ero, abbiamo cercato un bar lungo il corso di San Benedetto, pieno di gente col cocktail in mano, per prenderci un cappuccino caldo. 
Era luglio. 
Ricordo che Cristina scrisse sulla sua pagina fb "Avevo paura vi steste annoiando e ve ne steste andando, solo dopo ho capito che tanti cercavano solo un posto per ascoltarsi il concerto più riparati dal freddo". Il suo album "Così vicini" è uscito nell'autunno del 2014, quando ho scoperto quasi per caso che la persona che è stata il grande amore della mia vita, con cui ero stata per sette anni e di cui, nonostante l'epoca social, avevo perso completamente i contatti, era morta un anno prima, a 37 anni. Ascoltavo Cristina cantare "La mente mia ritorna a quegli occhi bambini, a giorni liberi così felici e noi così vicini..."e mi sembrava di avere un'amica lontana che, invece di porgermi un fazzoletto, mi porgeva una canzone che serviva a liberare la malinconia per i ricordi di una storia che sembra fatta per un libro. 



Quest'anno Cristina e il suo gruppo di lavoro, per aiutare a finanziare il nuovo album "De-sidera", hanno messo su un crowdfunding che è andato benissimo e ha superato davvero di tanto la cifra posta come primo traguardo. Io ho pensato: "Ok il cd ma lei mi ha dato tanto in questi anni... come faccio a ringraziarla in una maniera un po' più speciale?" 
Tra le ricompense per i partecipanti al crowdfunding ce n'era una che mi aveva colpito più di tutte: Cristina avrebbe inviato una poesia originale per chi l'avesse acquistata. Io sono una poràccia con un lavoro poràccio ma mi ha preso lo spirito del mecenate e mi son detta: "E' il mio compleanno (era aprile), mi faccio un regalo" e ho inviato la richiesta, con gli estremi del bonifico e un messaggio di lode per la bella iniziativa. Qualche tempo dopo TADAAAN mi scrive Cristina Donà e mi dice: "Ho qualche poesia che conservo ma, se mi dai una traccia, ne scriverò una che tu possa sentire proprio tua". Sorpresissima, le ho scritto di getto: "Un tema che sento tanto mio sono i ricordi" e poi, qualche tempo dopo, un ricordo gliel'ho inviato veramente. 
Le ho parlato di una canzone non sua ma che lei ha interpretato con l'autore, Marco Parente. Questa canzone si chiama "Senza voltarsi" e mi è particolarmente cara perché, in un lungo percorso di psicoterapia in cui sembra di scavare in un pozzo senza fondo nel tentativo di arrivare ad una vena di acqua "buona", anni fa la psicoterapeuta, sapendo del mio amore infinito per la musica e di quanto mi serva a darmi le parole che da sola non so trovare, mi disse: "Portami un pezzo che racconti qualcosa di te" e io le portai "Senza voltarsi". 
In particolare c'era un verso che racchiudeva, e un po' racchiude ancora, il mio mondo: "E dove è la notte in cui sogno di credere che una sola rosa dura mi possa bastare e mezzo illuso e mezzo no spacco in due la mia testa di ananas a pensieri duri". 
Una rosa dura che sogno di convincermi vada bene ma io lo so che è dura, io lo so che è sfiorita e non basta più... la mia testa di ananas, ridicola, buffa, fatta di pensieri duri, duri perché testardi, difficili da sradicare, duri perché se la rosa che hai imparato a conoscere non è tenera, i pensieri che genererai saranno duri come lei... 



Un paio di settimane fa è arrivata la poesia di Cristina e si intitola "A proposito dei ricordi". 

Eccola. 





Grazie Cristina, grazie di cuore. La mia rosa ha le spine, come tutte, ma è anche grazie alla tua musica e alla gentilezza che mi trasmetti che sto imparando ad aspirarne il profumo senza farmi ferire ma nutrendomi della sua bellezza.
"Quell'inchiostro cantato che spera di essere reale" oggi è un pochino più vicino.