martedì 30 giugno 2015

Quando una bella forma incontra una bellissima sostanza: Tiziano Ferro all'Olimpico (Roma, 26 giugno 2015)

Sono passati quattro giorni dalla prima delle due date di Tiziano Ferro all'Olimpico, quella di venerdì 26 giugno a cui ho partecipato io.

Domani riprende la seconda tranche del tour (Bologna, Milano per due date e Verona) ed io posso dire solo una cosa: se anche solo minimamente Tiziano Ferro vi incuriosisce, ANDATE A SENTIRLO!

Non era facile soddisfare aspettative altissime: lui ci è riuscito alla grande!

Splendido scatto preso dalla pagina fb del fotografo Luigi Orru


E' la stella di uno spettacolo super curato da tutti i punti di vista: un palco pazzesco, luci e suoni potenti ma non da baraccone, maxi-schermi a definizione elevatissima, lui che canta e balla - con pause veramente minime - per due ore e mezzo senza mai un accenno di stanchezza, dei visual alle sue spalle di una bellezza commovente (uno su tutti: la città che scorre come una pellicola su cui, a un certo punto, cade la neve in "Ed ero contentissimo").

Tizianone è in forma strepitosa, a 'na certa ci delizia anche con la gradevole piacionata di spogliarsi e rivestirsi mostrando la sua ombra sullo schermone gigante., e gli si può passare pure se, tra i cambi d'abito, a un certo punto sfodera un completo rosso lucido manco fosse un invitato de "Il mio grosso matrimonio gipsy" -__-

La vera magia, però, non sono gli effetti speciali: la vera magia è che, nonostante tutta questa super preparazione, nonostante si veda a chilometri che Tiziano usa millemila trucchi del mestiere per affascinare il suo pubblico, riesce comunque a conservare un suo nucleo di autenticità, che lo fa (e mi fa) commuovere quando, prima di attaccare "Scivoli di nuovo" dice: "Perchè l'amore dovrebbe generare soltanto bene, dovrebbe far star bene, non dovrebbe mai farci sentire in imbarazzo, mai farci vergognare di qualcosa. Fate le cose per amore, fatele sempre per amore perchè porteranno sempre a qualcosa di buono perchè l'amore, nonostante quello che ci dicono, è di tutti" (non è che mi ricordo a memoria, è che mi son trascritta il pezzetto che hanno pubblicato sulla sua pagina fb, tipo sbobinatura universitaria ;)

Pazienza, poi, se per Tizianone l'amore è anche un rvm alla Maria De Filippi durante lo show, in cui ci mostra foto del suo passato con una chiusa alla tizianoferro 100%: "In amore vince chi fugge... io no!", con cui mi fa sentire sua sorella ideale, vicina col cuore a questo giovane uomo spesso sfortunato in amore, diventato fighissimo dopo aver attraversato 111 chili di peso ed un'accettazione di sé per niente facile, passata per quella frase "e mi son fatto rubare forse gli anni migliori dalle mie paranoie e dai mille errori, sono strano, lo ammetto, e conto più di un difetto" che Nesli ha scritto per lui ne "La fine" e che mi fa piangere ogni dannata volta, concerto compreso.



Eravamo una marea nel prato dell'Olimpico (in giro si parla di 50.000 presenze a serata, praticamente una cittadina con tutti i suoi abitanti). C'erano i classici fan di Tiziano che ti aspetti: la ragazzina con la fascetta TZN in fronte, la coppietta che si guarda tutto il concerto abbracciata arrivando a 15.000 gradi di temperatura corporea, mezzo gay pride.

Con gli amici Ferro-friendly abbiamo avvistato, però, pure alcuni personaggi estemporanei NOTEVOLI, tipo la signora elegante - una specie di Carla Gozzi over 60 - vestita come per il the con le amiche del bridge, che si guarda tutto il concerto nel prato, a fianco a noi, o la coppia dal look metallaro, lei capelli rosa e piercing nelle guance, lui anfibi, gilet a pelle e tatuaggi old-style, anche loro nel prato a godersi lo spettacolo.

Come cantavano i Metallica: "Open mind for a different view... and nothing else matters" e, se c'è una cosa di cui davvero devo ringraziare Tizianone, oltre al potere catartico delle sue canzoni, è di avermi aiutato a capire che i recinti in cui ci chiudiamo, per snobismo o solo per paura, sono una gabbia pericolosa, che spesso ci priva di qualcosa di bello a cui possiamo arrivare semplicemente saltando qualche paletto... e se non sono capace di saltare, ci girerò intorno!

sabato 20 giugno 2015

Entrare fuori, uscire dentro: la mia visita al Museo della Mente (S. Maria della Pietà, Roma)

Nelle ultime tre settimane ho trascurato il blog perchè ho fatto una marea di cose, tra cui giornate a Verona, Bologna e Ferrara nel giro di pochissimo (se volete un consiglio su posti dove mangiare bene o da vedere assolutamente al di là degli itinerari turistici "da cartolina", contattatemi... o, al limite, chiedetemi un post appòst :)

Alla fine, però, torno sempre nell'amata-odiata Roma, sempre impegnata nella scoperta e ri-scoperta di angoli, motivi, suggestioni per cui io possa dire a me stessa che è bellissimo stare in questa città così atrocemente faticosa.

Oggi pomeriggio la ri-scoperta è partita da un luogo che avevo visitato già qualche anno fa: il parco del Santa Maria della Pietà, a due passi dalla stazione di Monte Mario. Questo comprensorio è famoso perchè, in un tempo neanche troppo lontano, ha ospitato un manicomio. 

Il suo parco è bellissimo e "spettinato": sarà suggestione ma, complice l'acquazzone che era da poco caduto sulla città, come la prima volta in cui ci misi piede mi è sembrato un posto pieno di energia, inquietante e selvaggia come la natura che gli cresce dentro.


All'interno del parco, sorge il MUSEO LABORATORIO DELLA MENTE, che ospita una mostra permanente curata dai geniali creativi di Studio Azzurro: attraverso un percorso interattivo molto interessante, il visitatore compie un piccolo viaggio in alcuni aspetti della follia e del modo in cui nel passato recente la società le si è interfacciata (anche se confesso di non essere riuscita ad "animare" alcune delle installazioni del percorso, tipo il microfono posto davanti alla ripresa di una bocca. Tu dovevi parlare nel microfono e la bocca muta nello schermo avrebbe dovuto animarsi... avoja a parlà, la bocca nello schermo davanti a me rimaneva zitta -_-)



Questa frase è attribuita a Franco Basaglia ma, se si fa una ricerca su internet, pare che il padre "vero" sia Caetano Veloso e che questo sia il verso tradotto di una sua canzone.

Una delle esigenze che mi è sembrato emergesse più spesso nelle storie delle persone internate è quella di COMUNICARE: stati d'animo, pensieri, idee, sentimenti. Il pannello di cui vedete la foto sopra rappresenta una parte dei graffiti che un paziente del manicomio di Volterra (ex paziente del Santa Maria della Pietà) incise per CENTINAIA DI METRI DI MURO del manicomio usando solo una fibbia.

Una ricostruzione della "fagotteria", poveri involti dove restavano gli averi di chi veniva internato. 
Nella foto si vedono un libro, degli occhiali e, piccola piccola, una foto in bianco e nero di una donna al mare... ho pensato che quella donna, forse, il mare non lo ha visto più, dopo avere consegnato quella foto... mi è venuta una gran voglia di partire, vedere il mare, bermelo con gli occhi e restituirne un pò anche a lei, alla sua memoria, anche se a uno che passa mesi, anni rinchiuso, costretto, nulla e nessuno può restituire il tempo.


Ecco, confesso che riguardando la foto che pubblico qui sopra mi emoziono. L'ho scattata dallo spioncino di una porta che ricostruisce la stanza di un internato, una stanzetta dove ci sono solo un vaso da notte, un brutto letto con le cinghie per legarti se non stai buono ed una finestra che dalle sbarre ti fa vedere un'estate che esplode di luce e di colori e a cui tu non parteciperai. Se c'è l'inferno, io penso che possa avere esattamente questo aspetto.

Questo post è stato scritto ascoltando "Thinking in textures" di Chet Faker ma l'artista a cui ho pensato uscendo dal Museo, quello che aveva capito tutto, era De Andrè (e, prima di lui, Edgar Lee Masters).



Ancora per domani, dalle 9 alle 20, l'ingresso al Museo è gratuito (alle 17, tra l'altro, in una sala proiettano pure il documentario girato durante il tour europeo di Fabi -Gazzè- Silvestri, che non c'entra niente però è carino ed è sempre gratis). Se non ci andate, spero abbiate veramente una valida ragione.