sabato 5 febbraio 2022

Sei bellissima, mia ora di libertà.

E' verissimo che Sanremo è un polpettone avvelenato come la mela di Biancaneve che, per cinque giorni l'anno, ha il potere di addormentare gli italiani, distraendoli dai numerosi problemi reali delle loro vite.
E' pure vero, però, che, da quando ho smesso di fare la snob che per partito preso non lo guarda, in ogni edizione, anzi, addirittura in ogni giornata, io ho trovato sempre qualcosa che mi ha emozionato, mi ha divertito o, semplicemente, mi ha fatto pensare.
Nella fetta di polpettone di ieri, serata delle cover, ci finiscono due artisti che davvero non c'entrano nulla l'uno con l'altro: Giovanni Truppi e Achille Lauro. 
Per motivi diversi, non ho mai amato particolarmente nessuno dei due ma ritrovo di entrambi, stamattina, un pensiero che mi piace condividere.
Truppi ieri ha cantato con Capossela, accompagnato da Mauro Pagani, "Nella mia ora di libertà" di Fabrizio De Andrè e sul suo profilo facebook ha scritto delle parole splendide e lucidissime partendo da questa canzone così incredibilmente attuale pur essendo contenuta in un disco, "Storia di un impiegato", che l'anno prossimo festeggia cinquant'anni.
Riporto una parte delle parole di Truppi, le altre - come ho già scritto - le trovate su fb: 
"Sono convinto che non esistano poteri buoni e che l'unica strada per vivere bene sia abbandonare, oltre al capitalismo, l'organizzazione attuale della società per sperimentare nuove forme di governo e di rappresentanza. Dovremmo lavorare di meno, delegare di meno e dedicare parte del nostro tempo alla gestione della nostra vita insieme su questo pianeta, che è responsabilità di ognuno di noi e alla quale tutti dobbiamo partecipare".
Ovunque sia, pure lo spirito di De Andrè sorride e si compiace di queste parole. 
Stai andando bene, Giovanni, per davvero.


Achille Lauro, invece, ieri ha cantato "Sei bellissima" con Loredana Bertè.
Premetto che "Sei bellissima" è una delle mie canzoni del cuore, addirittura, una volta, l'ho portata in terapia perché col suo testo - per non parlare del modo in cui la interpreta Loredana - riesce a spiegare uno stato d'animo, un modo di stare al mondo, meglio di dieci costosissime sedute.
E' il racconto in prima persona di una donna insicura, legata a doppio filo ad un uomo che la svalorizza ma che sa dire al momento giusto quelle parole che sanno sempre tenerla allacciata a lui. 
Solo lui la fa sentire amata, la fa sentire importante, così pensa lei, e accetta di sentirsi una nullità in nome di un passato che non c'è più, nella speranza di sentire ancora quelle parole che solo lui sapeva dire, per quelle sensazioni che solo lui sapeva farle vivere. 
Non progredisce, sta ferma nei ricordi perché c'è solo lui, solo lui.
Ieri Achille Lauro, da molti considerato un semplice pupazzo di Gucci, ha voluto che si leggesse sul palco una lettera, che era per Loredana - perché per cantare quella canzone con l'autenticità con cui la canta lei, certe storie non puoi che averle vissute sulla tua pelle - ma era anche per tante di noi, vestite di ricordi per affrontare il presente ma che stanno provando a cucirsi un abito nuovo, perché quei ricordi, ormai, son di una taglia che non veste più. 
Se potessi, lo ringrazierei, per essersi messo nei panni di quel fantasma che finalmente decide di andarsene.

"Che strano uomo sono io
Incapace di chiedere scusa
Perché confonde il perdono con la vergogna.

Che strano uomo sono io
Che ti chiamo pagliaccio
Perché pensa di combattere ciò che non riesce a raggiungere.

Che strano uomo sono io
Capace solo di dire "Sei bellissima"
Perché ancora ha paura di riconoscere il tuo valore.

Stasera, "per i tuoi occhi ancora",
Chiedo scusa e vado via".




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