lunedì 6 novembre 2017

"Guardami, ora": Nick Cave & The Bad Seeds @Kioene Arena (Padova), 04/11/2017

Nick Cave ha suonato l'altro ieri a Padova coi suoi Bad Seeds, ed era il 4 novembre. 

Ho controllato la data di acquisto sul biglietto: l'ho comprato il 28 di marzo, cioè oltre sette mesi prima dell'evento. Era l'unico modo per avere la sicurezza di stare in parterre, i posti più scomodi (ore e ore in piedi in mezzo alla folla che ci ricordano che, finché riusciamo a farlo, non siamo ancora proprio da rottamare) eppure gli unici per stare DENTRO, AL CENTRO del concerto (tra l'altro la Kioene Arena è piccola, sono solo quattromila posti tra parterre e spalti, e i biglietti sono finiti abbastanza velocemente, complice il fatto che il concerto fosse di sabato e il luogo, a confronto con Milano e Roma, le due date italiane a seguire, più piccolo e con un'acustica migliore).

Questo NON E' un concerto qualsiasi: è stato chiaro da subito.
Io non avevo mai mai visto un'esibizione del genere e sono ventisette anni, cioè da quando ne avevo sedici, che macino live.
Complice qualche persona che conosco o che ho frequentato in passato che lo aveva visto in tour precedenti e me ne aveva parlato, oltre ai tanti video live che circolano su youtube, mi ero lasciata incuriosire, rimanendo davvero affascinata. Mi dicevo: "Se è come nei video, è qualcosa di incredibile". Ecco, non è come nei video: è ANCORA MEGLIO.

Ieri sera, al ritorno da Padova, leggevo un articolo su Noisey che parlava del nostro e della sua lunghissima carriera (ha sessant'anni ed è sulla scena da quando era poco più che ventenne).  
C'era un pensiero, a proposito dei suoi esordi, che ho trovato bellissimo e che, ora che ho visto coi miei occhi e sentito con le mie orecchie, ho avvertito come profondamente reale e vero: "Nick Cave stava costruendo il template - il modello - su cui avrebbe fondato la sua carriera, fatto di corpi che si scontrano in uno spazio romantico in cui divino e infernale sudano assieme".
"Divino e infernale sudano assieme".. è proprio così.
Complici, forse, gli anni, un passato di quelli senza rimpianti imbottito di droghe e vita selvaggia, la morte - due anni fa - di uno dei suoi due figli gemelli, a me questo Nick Cave versione 2017 è sembrato più vicino ad un'altra dimensione che a questa terrena, restando comunque incredibilmente UMANO.

Non ha paura del pubblico, gli si dona con una fiducia TOTALE. 
Si protende sulla gente dal palco fino a farsi sorreggere, canta (meravigliosamente, tra l'altro) guardando occhi e prendendo mani senza perdere mai la concentrazione.
Su "Higgs Boson Blues" cantavamo in coro: "Can you feel my heartbeat?", "Puoi sentire il battito del mio cuore?" e io ho pensato: "Che bello essere qui, ora".
Eravamo quattromila ma era intimo e, nello stesso tempo, c'era un'energia fortissima.
Non so perché ma mi sono venuti in mente i ragazzi morti nell'assalto al Bataclan due anni fa, durante il concerto degli Eagles of Death Metal. 
Davvero, non c'è una spiegazione razionale ma ho pensato a loro, ai loro cuori che in quel momento mi sembrava tornassero a battere sulla Terra attraverso il mio e quello di tutti i presenti, nell'amore per la musica che unisce le loro vite finite alle nostre che proseguono.

Cave è sciamano, è padre, è prete, è domatore di leoni. 

Ha ragione la mia amica che lo aveva visto tre anni fa all'Auditorium che mi ha detto: "Scommetto che non riuscivi a staccargli gli occhi di dosso". 
Su "The weeping song" è sceso dal palco ed è passato tra il pubblico per poi continuare a cantare in alto, in mezzo alla gente, sulla postazione che diffondeva gli effetti video alle spalle dei musicisti (tra l'altro, uno più incredibile dell'altro, Warren Ellis in testa).
Mentre passava, l'ho visto da vicino e mi hanno colpito la sua pelle bianchissima ed il suo viso che non nasconde gli anni che passano, nonostante il fisico asciutto e il suo mitico capello stra-tinto. 
Ha degli occhi incredibili: passava tra la gente, senza security, senza nessuno e tutti gli facevano largo anche se volevano toccarlo. Avrei potuto allungare un braccio e farlo anch'io ma sentivo una sorta di timore reverenziale. Non mi è mai piaciuto toccare i santi, figuriamoci un santo-diavolo.
Nick Cave domina la scena e il pubblico ricambia perché, almeno nella data di Padova, non ho visto accadere niente di pericoloso o di osceno, se non - perversione dei nostri anni - il finale in cui qualcuno tra quelli che ha fatto salire sul palco con lui sulle ultime due canzoni, "Stagger Lee" e l'incredibile "Push the Sky away", che, invece di guardarlo negli occhi mentre cantava, continuava a puntargli contro la fotocamera dello smartphone.

C'è stato, però, un momento che non dimenticherò mai: per farlo passare, un ragazzo del pubblico sul palco non si è semplicemente scostato ma si è alzato proprio in piedi e mi è sembrato un gesto bellissimo, carico di rispetto. 
Cosa fa a quel punto Nick Cave? Abbraccia quel ragazzo ed io vi giuro che era un abbraccio vero, denso. In quel ragazzo c'eravamo noi, c'era il figlio perduto, la trasmissione di un affetto, la giovinezza che vola via ma che vive per sempre nei cuori che ne sanno conservare un pezzettino.
Mi si sono riempiti gli occhi di lacrime e ancora adesso, mentre ne scrivo, mi emoziono.
Sono le 19.37, tra meno di un'ora e mezza anche Milano avrà il suo rito. A Roma tocca mercoledì.

Lunga vita a Nick Cave e ai Bad Seeds. 
Se passano dalle vostre parti, non perdeteli e, se non passano, prendete un treno e cercateli. 

P.S. Tutte le foto sono della mia amica Raffaella, con cui ho avuto il privilegio di condividere questa meravigliosa avventura musicale.


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