sabato 3 marzo 2018

La seconda puntata di "Ossigeno" e riflessioni random di un sabato sera solitario.

Dopo giorni di pioggia e neve, stasera su Roma c'è una enorme luna quasi piena. 

Domani si vota e non so più quanta gente mi ha detto: "Vado a votare ma non so per chi". Non è un buon segnale, anche se, vista l'aria di sfiducia che tira, è comprensibile (anche se, a parer mio, almeno un paio di schieramenti restano tra gli invotabili sicuri).

E' sabato sera, sono tornata da una mostra su psichiatria e antipsichiatria che mi ha messo addosso una discreta angoscia. 
Serve qualcosa di bello.

Ripenso a ieri, a quando ho recuperato su Raiplay la seconda puntata di "Ossigeno" e, come la volta passata, mi è sembrato un bel volo che apre la mente. Qualcuno dice che deve durare di più dei suoi 51 minuti. Io no, io lo trovo perfetto così, come quegli incontri d'amore che non durano troppo a lungo perché ti piace che resti la voglia di rivedersi ancora e, nel frattempo, pensarsi.

Eccezionale il duetto tra Ben Harper e il bluesman Charlie Musselwhite. Se abitassi a Milano, visto che hanno aggiunto il 24 alla data al sold out del 23 aprile, io non me li perderei, soprattutto perché il giorno dopo il concerto sarà festa di Liberazione.


Su Vasco Brondi, che era l'altro ospite musicale, non dico molto perché non mi ha tantissimo colpito: speravo cantasse "Oceano di gomma", accompagnato da Agnelli e da Rodrigo D'Erasmo, e invece niente anche stavolta, come a Prato. Mi ha colpito sicuramente di più Agnelli quando, ad un certo punto dell'intervista, ha detto una cosa tipo: "La musica è una dea Kali e vuole sempre più sangue".

L'intervista a Bonolis è stata abbastanza criticata, qualcuno ha detto che il personaggio non c'entrava nulla col programma e, invece, secondo me, la sua presenza era MOLTO indovinata, specie perché si parlava, tra le altre cose, di confini e steccati tra cultura e intrattenimento.
Tra l'altro, Bonolis, nei suoi fiumi di parole, ad un certo punto ha nominato Baudelaire ed una poesia, "Una carogna", che non conoscevo.
L'ho cercata e ve la lascio, inquietante e bellissima.

UNA CAROGNA
Ricordi tu l’oggetto, anima mia, che vedemmo
quel mattino d’estate così dolce? Alla svolta d’un sentiero
un’infame carogna sopra un letto di sassi,
le gambe all’aria, come una femmina impudica,
bruciando e sudando i suoi veleni, spalancava, con
noncuranza e cinismo, il suo ventre pieno
d’esalazioni.
Il sole dardeggiava su quel marciume come
volendolo cuocere interamente, rendendo
centuplicato alla Natura quanto essa aveva insieme
mischiato;
e il cielo contemplava la carcassa superba sbocciare
come un fiore. Il puzzo era tale che tu fosti per venir
meno sullerba.
Le mosche ronzavano sul ventre putrido donde
uscivano neri battaglioni di larve colanti come un
liquame denso lungo gli stracci della carne.
Tutto discendeva e risaliva come un’onda, o si
slanciava brulicando: si sarebbe detto che il corpo
gonfio d’un vuoto soffio, vivesse moltiplicandosi.
E tutto esalava una strana musica, simile all’acqua
corrente o al vento, o al grano che il vagliatore con
ritmico movimento agita e volge nel vaglio.
Le forme si cancellavano riducendosi a puro sogno:
schizzo, lento a compiersi, sulla tela (dimenticata)
che l’artista condurrà a termine a memoria.
Dietro le rocce una cagna inquieta ci guardava con
occhio offeso, spiando il momento in cui riprendere
allo scheletro il brano abbandonato.
Eppure tu sarai simile a quell’immondizia, a
quell’orribile peste, stella degli occhi miei, sole della
mia natura, mia passione, mio angelo!
Sì, tu, regina delle grazie, sarai tale dopo l’estremo
sacramento, allora che, sotto l’erba e i fiori grassi,
andrai a marcire fra le ossa.
Allora, o bella, dillo, ai vermi che ti mangeranno di
baci, che io ho conservato la forma e l’essenza
divina di tutti i miei decomposti amori
Agnelli ha cantato due pezzi, uno all'inizio e uno alla fine. Il primo era "Dio come ti amo" di Domenico Modugno. Ha detto che era una delle canzoni preferite di suo padre, che la cantava sempre a sua madre e "Stasera, invece, la canto io". Mi son venuti gli occhi lucidi, esattamente come quando ha chiuso con "Place to be" di Nick Drake.
Mi ha fatto venir voglia di risentire quel disco, "Pink moon", che comprai tantissimi anni fa, quando ancora ero un'universitaria che si rivendeva i libri appena finiti gli esami per comprarsi i cd e a Piazza Re di Roma c'era un negozio di dischi che aveva sempre roba incredibile senza commessi spocchiosi che ti guardavano dall'alto in basso (ogni riferimento a "Disfunzioni Musicali" NON E' puramente casuale).

La parte, però, che più di tutte mi ha parlato al cuore e che mi piace condividere con voi è l'esibizione di Emidio Clementi, cantante dei Massimo Volume, amico da una vita di Manuel Agnelli e ora coinvolto in un nuovo progetto che si chiama Sorge.
La sua non era una vera e propria canzone: si intitola "La sera" ed era uno spoken word, un recitato su una base sonora.
Io non lo conoscevo e l'ho cercato.

"E ogni sera mi perdo in quella zona di te tra gli occhi e la fronte, che adoro e che temo più dei cani e della morte. con cui faccio i conti la notte. che s'accende di colpo e mi attira lontano, dove non conta la mia grazia né gli amori che ho snobbato..."
Continuo ad ascoltarlo e riascoltarlo e ogni volta si arricchisce di significati e mi piace sempre di più.







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