lunedì 24 aprile 2017

"Attraversare i muri": ho letto la biografia di Marina Abramovic (e mi sono innamorata perdutamente).

Ho in stand-by questo post da un paio di settimane e, considerato che ho finito di leggere questo libro già da allora, è un po' difficile riprendere il filo delle emozioni ma non volevo non spendere neanche una parola su una vita che merita di essere conosciuta, quella dell'artista serba MARINA ABRAMOVIC.
Nata a Belgrado 71 anni fa (71 anni portati magnificamente, per inciso), ha scritto  - con l'aiuto del giornalista americano James Kaplan - un'autobiografia di QUATTROCENTOSEI pagine, "Attraversare i muri", che però, a dispetto della lunghezza e della "densità" dei contenuti, scivola come l'acqua ed è una di quelle letture che ti fanno venire voglia di lasciar tutto per aprire quelle pagine e farsi coinvolgere.

La Abramovic è una delle madri viventi della "performing art", disciplina artistica che usa il corpo come principale mezzo di espressione artistica. Per molti è sicuramente una fottuta pazza, per altri un genio totale. Cercate qualcosa di suo su youtube, per esempio Balcan Baroque, con cui vinse la Biennale d'Arte di Venezia nel '97, e ve ne farete un'idea.

La Abramovic ha usato il suo corpo sfidandone i limiti e mettendolo, a volte, anche in pericolo.

Questo libro ha, tra i suoi numerosi meriti, quello di dare innanzitutto una visione organica delle sue tante performance, diventate nel tempo talmente famose da meritarsi pure la parodia di Virginia Raffaele, e poi di raccontare un'infanzia ed una adolescenza in cui anche le difficoltà (aveva una madre davvero da incubo, per molti aspetti), raccontate senza tanti giri di parole, l'hanno forgiata e nutrita.

La biografia parla, inoltre, dei suoi due grandi amori, il tedesco Ulay, suo compagno di vita e di performance in anni intensissimi, e l'italiano Paolo Canevari, e di come lei, una donna sicuramente forte e determinata, abbia sofferto l'abbandono e la paura di restare sola per sempre come succede a chiunque di noi.

Mi ha ricordato il discorso di Valeria Bruni Tedeschi quando ha ricevuto il David di Donatello per il suo ruolo da protagonista ne "La pazza gioia": "Ringrazio gli uomini che mi hanno amata e anche quelli che mi hanno lasciata perché sono fatta anche di voi".

C'è una parte del libro che ho ri-trascritto perché mi ha colpito moltissimo per bellezza e semplicità:

LA CONDOTTA DI VITA DI UN ARTISTA
Un artista non dovrebbe mentire a se stesso o agli altri.
Un artista non dovrebbe rubare idee agli altri artisti.
Un artista non dovrebbe scendere a compromessi con se stesso o con il mercato dell'arte.
Un artista non dovrebbe uccidere altri esseri umani.
Un artista non dovrebbe fare di sé un idolo...
Un artista dovrebbe evitare di innamorarsi di un altro artista.

......................

LA RELAZIONE DI UN ARTISTA CON LA SOLITUDINE
Un artista dovrebbe creare il tempo per lunghi periodi di solitudine.
La solitudine è fondamentale.
Lontano da casa, lontano dallo studio, lontano dalla famiglia, lontano dagli amici.
L'arista dovrebbe stare a lungo vicino a una cascata.
L'artista dovrebbe stare a lungo vicino a un vulcano in eruzione.
L'artista dovrebbe stare a lungo a guardare l'orizzonte dove l'oceano incontra il cielo.
L'artista dovrebbe stare a lungo a guardare le stelle nel cielo notturno.

                            Marina Abramovic, Manifesto della vita di un artista.



Tra le tante performance, il racconto di quelle con Ulay si prende una bella fetta di spazio. Si sarebbero dovuti sposare incontrandosi a metà strada sulla Grande Muraglia Cinese, nel 1988, e invece fu lì che si dissero addio.

Tra tutte, oltre alla famosissima "The Artist is Present" presentata al MoMa di New York nel 2010 (che ha anche una colonna sonora meravigliosa - Original Motion Picture Score Music by Nathan Halpern from "Marina Abramovic: The Artist is Present" - che trovate tranquillamente su Spotify), mi ha colpito il racconto di "Biography", performance in cui, in quella che ha chiamato "la sequenza del bye bye", diceva addio ad Ulay e a tutti i sogni formulati con lui, declamando queste parole, con la voce di Maria Callas a cantare in Casta Diva in sottofondo:

BYE BYE
ESTREMI

BYE BYE
PUREZZA

BYE BYE
UNIONE

BYE BYE
INTENSITA'

BYE BYE
GELOSIA

BYE BYE
STRUTTURA

BYE BYE
TIBETANI

BYE BYE
PERICOLO

BYE BYE
SOLITUDINE

BYE BYE
INFELICITA'

BYE BYE
LACRIME

BYE BYE
ULAY

Quanto è difficile salutarsi senza rancore, quando quel sogno che si attaccava come una colla all'anima muore... ma, del resto, non si può far spazio al nuovo se non ci si libera del vecchio. Facendoci pace, se si è molto bravi.




venerdì 3 marzo 2017

"D'acqua salata ma con l'anima caramellata": la prima data a Roma (Auditorium PdM) dell'Eco di Sirene Tour di Carmen Consoli (02 marzo 2017)

Era bella Carmen Consoli ieri sera, durante la prima delle tre date romane - tutte sold out - dell'Eco di Sirene tour. Era bellissima e spero mi perdonerà il fotografo Danilo D'Auria, che non conosco, se prendo in prestito uno dei suoi scatti dal sito spettakolo.it per farvi vedere quanto era magnifica la Cantantessa ieri.


Qualcuno obietterà che sembrava vestita con la camicia da notte della nonna (e lei stessa, su questa cosa, ha scherzato sopra ricordando la nonna Carmelina, "la nonna di cui porto il nome") ma a me faceva pensare ad una donna  dei tempi della Rivoluzione Francese, mi sembrava uscita dritta dritta da una puntata di Lady Oscar.

Inizio puntualissimo come a Roma solo l'Auditorium e pochissimi altri sanno fare, si sono spente le luci (per la fortuna di Emma Marrone, che era seduta in prima fila, a qualche poltrona di distanza dalla mia, e, pòraccia, si è passata tutti i dieci minuti in cui è arrivata prima dell'inizio dello spettacolo a fare selfie con i fan che andavano in pellegrinaggio da lei per la foto) ed è salita sul palco Gabriella Lucia Grasso, una cantante siciliana che ha cantato qualche pezzo voce e chitarra - sua e di un altro chitarrista - nel dialetto della sua terra ma che, forse emozionata perché ha ricevuto parecchi applausi, si è dimenticata di presentarsi.

Qualche minuto a sipario chiuso ed è arrivata lei, con "Sulle rive di Morfeo", pezzo di apertura, assieme ad una delle tante chitarre con cui si è accompagnata durante la serata. Insieme ad una violinista ed una violoncellista che ha più volte presentato e ringraziato (è loro e se stessa che ha definito "sirene d'acqua salata ma con l'anima caramellata", un'immagine che mi è sembrata molto suggestiva e "gustosa" nel contrasto), ha alternato pezzi da sola a pezzi in trio.

La chiave di questo concerto sta, forse, nelle parole con cui Carmen ha chiuso la serata, dopo due ore di musica. Ha detto al pubblico: "Grazie per la fiducia" e mi sembrava commossa, oltre che stanca e felice, mentre in sottofondo, a mò di titoli di coda, c'era una canzone che sembrava un vecchio pezzo dei REM ma che non sono riuscita a capire quale fosse e che non riesco a ritrovare.

Grazie per la fiducia forse perché sono anni che le sfrantumano i maroni dicendole o scrivendole sulla pagina facebook "Non ci piaci più, perché non torni al rock?".

Carmen Consoli E' rock, perché il rock è un'attitudine, è sostanza e - sembrerà banale dirlo ma in un mondo che vive di apparenze è doveroso ribadire il concetto - tu puoi essere moscia con gli stivali borchiati e i pantaloni di pelle o una tigre con un vestito romantico di pizzo, lasciare indifferenti con una band intera o puoi dare carica al tuo pubblico e un suono pieno, vivo e vitale col semplice (semplice si fa per dire) uso di voce e chitarra.

Chi ieri era all'Auditorium penso che difficilmente potrà dimenticare una versione di "Geisha"davvero memorabile per energia ed intensità, in cui la voce di Carmen sembrava entrare dalla schiena ed attraversare tutto il corpo come fosse sangue.

Per vedere o rivedere Carmen all'opera sul palco, non vi resta che cercare una data in una città che non sia sold out o aspettare il 27 luglio, quando tornerà in concerto nella bellissima Cavea, lo spazio all'aperto dell'Auditorium.

Nel frattempo, godiamoci un po' di dischi interessanti che stanno uscendo in questi giorni. Ieri sera, complice un lungo pezzo a piedi da farsi causa metro già chiusa, mi sono accorta che era passata mezzanotte e su Spotify già si trovava in ascolto il nuovo disco di Vasco Brondi, Luci della Centrale Elettrica, dal titolo "Terra". Siccome Spotify, nella versione gratuita su cellulare, permette l'ascolto dei brani di un album solo in modalità random, il primo che mi ha proposto è stato "Chakra", che in realtà è il settimo pezzo del disco. Vi dico solo che ho rallentato, fino a fermarmi, e, sotto una falce di luna e un cielo bello come sanno essere solo i cieli dei posti che amiamo, mi sono detta "Questo è un grande pezzo". Cercatelo :)


domenica 5 febbraio 2017

"Brindiamo ai sognatori": sono andata al cinema a vedere LaLaLand.

LaLaLand, il film che ha vinto tanti di quei premi e preso tante di quelle candidature all'Oscar (14) che è impossibile non incuriosirsi: volevo vederlo dal giorno della sua uscita, giovedì 26 gennaio, anzi, volevo vederlo da quando ne avevo visto il trailer al cinema prima della proiezione di un altro film, a dicembre.
Per scelta, avevo deciso di non approfondire e di non leggermi nulla prima perché volevo gustarmi la sorpresa... e sorpresa è stata.

Devo dire che, avendo fatto caso al particolare che dura due ore abbondanti, mi ero chiesta: "Ma che faranno mai in due ore di musical? Non è che, alla fine, è 'na palla micidiale?". La risposta, ora che l'ho visto, è che no, non è PER NIENTE una palla e quelle due ore sono assolutamente funzionali allo sviluppo della storia.

Il film parte con la prima mezz'ora in cui sembra di vedere semplicemente una storia caruccetta, coi colori accesi di una Los Angeles da cartolina, dove tutti cantano, fanno grandi sogni ed Emma Stone è vestita benissimo. Poi, però, pian piano la vicenda si sviluppa: Emma Stone continua ad essere vestita magnificamente per tutta la durata del film ed è bravissima, così come bravissimo è Ryan Gosling che le fa da partner, ma c'è molto di più di una storia d'amore e di sogni di gloria.

C'è una sintonia splendida tra i due protagonisti, su cui ruota l'intero film, ci sono le espressioni dei loro visi così vitali e credibili da farti entrare proprio DENTRO la storia, e non importa che tu non abbia mai sognato di calcare un palcoscenico, che l'unico strumento che hai mai suonato in vita tua sia la diamonica nell'ora di musica alle scuole medie e che non ti innamori dal 2008.

Un sogno ce l'hai anche tu, ce l'abbiamo tutti, e se pensi di non averlo, forse è solo che te lo sei dimenticato in qualche cassetto che non apri da troppo tempo e che si è un po' arrugginito.

Uno degli aspetti sottolineati dal film è non solo l'importanza della passione per qualcosa, che sia la musica, la recitazione o qualsiasi altra cosa attraverso cui si amerebbe vivere e affermarsi nel mondo, ma il fatto che è fondamentale e meraviglioso che qualcuno, ad un certo punto della nostra vita, quando le porte sbattute in faccia diventano un po' troppe, quando c'è "quello che ride mentre tu piangi" - per citare una frase del film -, ci dica: "Sei bravo, tu vali, non ti arrendere".

E' questo l'Amore vero, quello che sa riconoscere cosa è importante da cosa non lo è e che non ti affossa in critiche e giudizi ma che ti dice "CE LA FARAI", anche e soprattutto quando ti vede in ginocchio e con la testa tra le mani (mi sento tanto Gianni Morandi quando canta Uno su mille, che - detto tra noi - io trovo una canzone bellissima).

Il monologo in musica di Emma Stone all'ultimo provino che sostiene durante il film mi ha fatto piangere... peccato che dopo non mi sia più fermata, perché il finale è assolutamente inaspettato e toglie al film tutta quell'aria pucciosa che sembra avere all'inizio.

Attenzione che qui arriva un mini-spoiler: non mi ricordo una così grossa presammale dai tempi in cui Jo di "Piccole Donne" non si metteva con Laurie ma con un vecchio professore di tedesco.

Fine dello spoiler e fine pure di questo post: mercoledì prossimo, 8 febbraio, sarà l'ultimo mercoledì in cui, se non viene prorogata l'iniziativa, si potrà andare al cinema a due euro.

Sfruttatelo per andare a vedere LaLaLand (oppure non fate i braccini corti e andateci un altro giorno a prezzo pieno): è un film che merita la visione in sala... ed anche le vostre emozioni, che vi restituirà centuplicate come solo il cinema bello sa fare.