giovedì 18 febbraio 2016

Quel Girardengo appena appena più basso e rock è cresciuto (e ora ha due nomi): da "Jack Frusciante" a "Il matrimonio di mio fratello".

"Quanto è importante la narrazione per riportarci a una vera emozione", cantano i Marlene Kuntz nella traccia di apertura del loro ultimo album, "La lunga attesa". Il gruppo di Cuneo è tra i protagonisti di una delle pagine più belle di un libro di ben 497 pagine che ho finito qualche giorno fa. Temevo l'effetto-mattone e invece, in dieci giorni netti dall'acquisto, l'ho divorato.



Il libro è "IL MATRIMONIO DI MIO FRATELLO" di Enrico Brizzi. E' uscito in prima edizione a novembre 2015 e costa 22 euro. Non fate i tirchi e mettete mano al portafogli (o andate in biblioteca e chiedetelo in prestito: prima di decidere di acquistarlo, avevo controllato sul sito delle biblioteche di Roma ed era disponibile presso il Bibliocaffè Letterario a via Ostiense ma toccava mettersi in lista per leggerlo e allora l'ho comprato).

I capitoli sono divisi benissimo, lunghi quel tanto che ti consente di portarli a termine con la sana voglia di leggerne ancora o aspettare per proseguire il piacere dell'incontro coi personaggi. Come potrete immaginare, 497 pagine non sono proprio maneggevolissime da portarsi dietro se avete l'abitudine, che so, di leggere sui mezzi pubblici, ma iniziate e poi vedrete che un modo per proseguire la lettura lo troverete :)

La storia è quella di due fratelli bolognesi vicini per età, Max e Teo, dall'infanzia negli anni '70-'80 fino  - più o meno quarantenni - ai giorni nostri.
Brizzi è di Bologna ed è nato nel '74: facile pensare che ci sia più di un elemento autobiografico nel racconto o che, per lo meno, lui conosca molto da vicino alcune delle situazioni e delle vicende di cui parla nel libro.

La voce narrante è quella di Teo, il più giovane dei due, anche se ci sono alcune parti - principalmente quelle che trattano del vero, grande amore di Max, ossia la montagna -  in cui il racconto prosegue in terza persona e che si distinguono anche per il carattere di stampa.

I due fratelli sono diversi tra loro eppure in ognuno, specie nella descrizione dell'adolescenza e della prima giovinezza di entrambi, ho ritrovato alcune delle caratteristiche che mi portarono, ventidue anni fa quando uscì nelle librerie, ad amare "Jack Frusciante è uscito dal gruppo", l'esordio di Brizzi.

Ho letto "Jack Frusciante" nel '95, quando avevo 21 anni, nella primissima edizione di Transeuropa: lo avevano regalato ad un'amica e me lo feci prestare. Fu AMORE TOTALE da subito.

L'ho letto, riletto, citato, ne ho trascritto pezzi, l'ho donato ad una marea di persone comprandone una copia per me solo qualche anno fa, quando lo trovai usato su una bancarella.

La storia tra il protagonista Alex ed il suo amore Aidi era bella ma io ero affascinata sia dallo stile della scrittura, lontano anni luce da tutto quello che avevo letto fino ad allora, che, soprattutto, da tutte le cose interessantissime - libri, dischi, testi di canzoni, posti - a cui lo scrittore faceva riferimento in maniera naturalissima. Mi sembrava pazzesco che un ragazzo così giovane - mio coetaneo, per di più - mi fornisse tanti stimoli.
Capirai... io paesanotta sgobbona trapiantata a Roma da un anno e mezzo, cultura da liceo di provincia, all'epoca vivevo nella caput mundi senza capire una mazza di quello che stavo facendo, invece lui mi sembrava uno che già alle superiori aveva assaggiato pezzi di vita che io avrei incontrato solo parecchi anni dopo.

"Due di due" di Andrea De Carlo, gli Smiths, Tondelli (che ho poi adorato, leggendo praticamente TUTTO quello che ha scritto): letture e ascolti che sono stati fondamentali, per me, negli anni universitari... chissà quanto ci avrei messo ad incontrarli se non ci fosse stato Brizzi, quindi gli sono debitrice praticamente di un pezzo di vita :)

Ho letto altre cose sue, in questi anni, anche perchè è un autore parecchio prolifico: alcuni libri, come "La legge della giungla" o "L'arte di stare al mondo", mi sono piaciuti, altri mi hanno convinta poco, ma "Il matrimonio di mio fratello" è davvero bello.
Una cosa, però, in questo libro manca e l'avrei aggiunta: un pò più di musica.
A parte la pagina che ho citato all'inizio, ce n'è una che ho apprezzato particolarmente in cui Teo parla di Anouk e della sua "Nobody's wife", una canzone famosissima negli anni '90 a cui anch'io lego un ricordo di forza e di audacia.



"Mi dissi che avevo trovato di cosa nutrirmi per i prossimi chilometri", è scritto.

A volte ci credo poco, persa nelle disillusioni e nei dispiaceri, ma mi piace pensare che possiamo sempre sempre sempre cercare e trovare di cosa nutrirci per i prossimi chilometri, indipendentemente da quanta strada abbiamo percorso e da quanta ce ne resti ancora da fare.


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