mercoledì 12 settembre 2018

L'8 marzo a settembre (parte II).

Metti una giornata di sciopero - a cui ho aderito - del servizio per il quale lavoro.
Metti che i concerti che ho visto la settimana passata MERITINO di essere raccontati.
Ecco, questa è la mattinata perfetta, anche se Roma oggi è tutta sole e cielo azzurro e il richiamo ad uscire è fortissimo (infatti non è detto che poi non lo faccia).

Il mio 8 marzo a settembre mi ha visto partecipare, lo scorso weekend, ad una doppietta di concerti al femminile veramente indimenticabile.

Venerdì sera a Roma c'è stata di passaggio GINEVRA DI MARCO, insieme al marito Francesco Magnelli (già con lei nei CSI) e ad Andrea Salvadori. Eravamo nel bello spazio estivo di 'Na Cosetta, sulla Prenestina, e aveva ragione Magnelli quando ha detto: "Sembra di stare in Sudamerica".
Avete presente l'ambientazione di Coco, il bel film della Pixar ambientato nel Messico del Dia de Los Muertos? Se non lo avete visto, recuperatelo e avrete un'idea di quanto era delizioso questo angolo di lucine, piante e persone in festa.
'Na Cosetta ha fatto un'operazione BENEDETTA: in un posto lontano dai soliti circuiti di centro, ma comunque facilmente raggiungibile anche coi mezzi, ha dato il via ad una serie di concerti in orario non tardo (alle 21.30 gli artisti sono sul palco e a Roma non succede praticamente mai, con l'eccezione dell'Auditorium), con musicisti degni di questo nome e spesso amati da un pubblico "diversamente giovane", che era numerosissimo forse anche in virtù di questo orario così compatibile anche coi ritmi di vita di un quarantenne medio.

Saranno stati i capelli biondi, il fatto che era abbronzatissima, con uno scialle leggero arancione e un sorriso meraviglioso: giuro che Ginevra era bella come una dea... quando ha iniziato a cantare poi... avete presente quando di un artista dal vivo si dice: "Sembra di ascoltare il disco"? Per lei vale nel senso che è PERFETTA come su disco ma nello stesso tempo emozionante e VIVA.

Buona parte del repertorio era composta, sempre per restare in tema latino, dalle cover di Mercedes Sosa, a cui l'anno scorso è stato dedicato l'album "La rubia canta la negra" (Mercedes, infatti, aveva il soprannome "la negra").

Il concerto è stato tutto stupendo, con un pubblico in massima parte attento e partecipe, ma, se devo scegliere solo due momenti, scelgo l'esecuzione di "Todo cambia", cantata in parte in spagnolo e in parte in italiano, e di "Gracias a la vida".


"Todo cambia" è una canzone che, nella sua semplicità, soprattutto, in momenti di autentico cambiamento della propria vita, non può lasciare indifferenti.
Quanto a "Gracias a la vida", che era la canzone che si sentiva in sottofondo nell'ultima stanza della mostra su Frida Kahlo e la collezione Gelman che vidi a Bologna, mi ha sempre colpito che sia stata scritta da Violeta Parra, una musicista cilena che si ammazzò a cinquant'anni. Come si può ringraziare la vita e poi porle fine? E' una cosa che mi atterrisce e mi commuove...


Persone che ringraziavano la vita ma l'hanno vista finire non per propria mano sono state Federica e Serena.
La storia di queste due ragazze, morte durante il terremoto de L'Aquila nel 2009, mi porta dritta al secondo concerto, quello di Cristina Donà a Teramo, il giorno dopo.

Forse, da quando son partita da sola la prima volta, un argine si è finalmente spezzato e il fiume dei miei desideri in questa direzione scorre libero: anche se non voleva venire nessuno con me, ci ho pensato pochissimo. Ho prenotato una stanza vicino il luogo del concerto, ho incontrato Matteo, il ragazzo che si occupava della prevendita "face to face" su Roma, ho comprato i biglietti del bus per Teramo e via.

La serata era organizzata da un'associazione benefica che gli amici di Federica e Serena hanno creato in loro ricordo. Erano studentesse di medicina, facevano volontariato e, a giudicare da Afterhours, Marlene Kuntz, Bandabardò, Offlaga Disco Pax, la stessa Ginevra Di Marco e svariati altri artisti invitati in queste varie edizioni di "Note su ali di farfalla" (così si chiama la serata annuale per Federica e Serena), ascoltavano un sacco di musica bellissima. Avremmo potuto essere amiche, ho pensato quando è stato proiettato un video che le ricordava, senza retorica ma con molti sorrisi perché l'associazione che tiene viva la loro memoria devolve il ricavato delle serate a svariate iniziative benefiche (quest'anno a "Carrozzine determinate") e penso non ci sia modo più bello per far sentire la presenza dello spirito di queste ragazze che resteranno giovani per sempre, come nelle foto che le ritraggono insieme.

La serata si svolgeva in un posto molto bello, il Chiostro del Santuario della Madonna delle Grazie, con un'acustica meravigliosa (chi ha ricevuto le mie note audio su whatzapp lo sa).
Tutto all'aperto, col brivido del temporale che c'era stato nel pomeriggio e che, come nelle favole (e come la volta che andai a sentire Fabi-Gazzè-Silvestri all'Arena di Verona), si è allontanato appena in tempo per non mandare all'aria tutto lo sforzo organizzativo di chi aveva voluto quel concerto.
Nel pubblico ho visto un po' di tutto, dal vero fan che sa tutte le canzoni a memoria alle signore che si son messe il vestito buono per uscire ma che, appena s'è fatto tardi, hanno mollato la sedia per tornarsene a casa coi mariti. Probabilmente non sapevano neanche chi erano venute a sentire ma poco importa.

Vicino al Chiostro c'è il parco Ivan Graziani, a cui son tornata la mattina dopo prima di ripartire per Roma. Ivan Graziani era teramano e la serata l'ha aperta il figlio, FILIPPO GRAZIANI, cantautore anche lui.
Nasuto (si sa che per gli uomini col naso importante ho un debole), simpatico, accento riminese (lui è nato lì), è stato per me una vera scoperta: molto bravo e molto umile, ha cantato qualcosa del suo repertorio ma, soprattutto, canzoni del padre (tenerissimo quando ha detto: "Ora vi faccio qualche canzone di papà").

La voce è pressoché IDENTICA a quella del padre quando canta i suoi pezzi... mi ha fatto pensare a Cristiano De Andrè, il figlio di Fabrizio, sperando Filippo sia più bravo e fortunato di lui nel trovare il suo "centro di gravità permanente" nel confronto con un padre famoso e ingombrante.


Ha scritto bene CRISTINA DONA', l'indomani su facebook, con l'acume e la sensibilità che la contraddistinguono: "La parola GRAZIA nel cognome in questione ha un peso notevole".

Ce n'è stata, di grazia, in questa serata, intesa proprio come quella che ha cantato Jeff Buckley (anche lui possessore di un falsetto meraviglioso come la coppia padre-figlio Graziani) nel suo unico album di studio, "Grace", edito da vivo.



Lui cantava "wait in the fire", "aspetta nel fuoco"... chissà quanto fuoco avevano dentro le vite di Federica e Serena...

C'era nell'aria un'emozione grandissima: quella degli artisti, quella degli amici di Serena e Federica, quella mia che pensavo che, quando nel 2014 è uscito "Così vicini", l'ultimo album della Donà, avevo appena saputo che Luca era morto, giovane e bello come Federica e Serena... sette anni insieme e io lo venivo a sapere, per caso, solo un anno dopo che era successo... "il senso delle cose si nasconde dietro alle persone"...


Non è stato facile non commuoversi. Lo faccio adesso, mentre scrivo, mentre ripenso a quel cielo sul chiostro, notte nera ma senza nuvole, al dolore che non si ripiega su se stesso ma è capace di generare amore e vita, al duetto su "Agnese" di Cristina e Filippo, partito dopo mezzanotte, proprio mentre la mia nipotina Marta, lontana e amata, compiva cinque anni ed io pensavo che quella canzone gliel'avevo dedicata prima ancora che nascesse.



E' bello far entrare la magia in questa grande follia che è la vita. Per questo mese io non ho ancora finito perché mi aspetta la regina di tutte le folli: MARINA ABRAMOVIC e la sua mostra a Firenze. Sono tra quelli che son riusciti a trovare il biglietto anche per l'incontro col pubblico. Ma questa è una storia che vi racconterò poi.

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