Avevo visto i Litfiba live per la prima volta negli anni
’90, nel tour di “Spirito”: li amavo, anche se ormai della vecchia formazione
erano rimasti solo Piero e Ghigo ed avevano cominciato a fare album con una-due
canzoni belle e per il resto monnezza.
Avevano un pubblico strepitosamente caldo ma, da quel palco,
non mi avevano comunicato nulla, solo un po’ di mestieraccio da parte di gente
che, dopo anni passati a suonare insieme, neanche si guardava più in faccia. Mi
ero detta “MAI PIU’” e invece…
Non mancava nulla di tutto quello che di buono ci si poteva
aspettare, dalla data di ieri dei Litfiba all’Alcatraz.
Bello il club, parecchio grande (tanto per fare una
proporzione, così ad occhio, il doppio del Circolo degli Artisti) ma anche
parecchio caro per i servizi che offre: sentivo parlare di due euro al bar per
una bottiglietta d’acqua (all’Angelo Mai te la danno del rubinetto e gratis…
milanesi, imparate!) e tre euro al guardaroba per custodire la giacca (ho
provato a lasciare pure il maglione appallottolato dentro una manica e mi hanno
detto che così avrei dovuto pagare sei euro… maglione arrotolato in vita e
state bene così).
Torniamo al concerto: hanno cominciato verso le 21.30,
praticamente il VERO orario scritto sul biglietto… fantastico, a Roma, in base
ai locali, puoi aspettare anche un’ora e mezza -..-
Il posto era sold out da mesi ed io me lo aspettavo
stipatissimo, invece si stava bene, certo non larghi ma neanche pigiatissimi (e
parlo del sottopalco, raggiunto più o meno a metà concerto).
Pubblico composto per la maggior parte di over 40, segno
che, dei brani riproposti, ha sentito la mancanza soprattutto chi, all’epoca
della loro uscita, era un adolescente… che cosa tenera J Tutti questi over
hanno fatto sì che l’atmosfera fosse di grandissima festa ma senza sbattimenti
tipo pogo pazzesco, che ormai non c’abbiamo più l’età (e la voglia) di tornare
a casa coi lividi.
Del resto, pure Pieroah non ha replicato lo stage diving
fatto nella data zero a Mendrisio, anche se ha comunque tenuto il palco alla
grandissima, sempre in bilico sul filo che separa l’epico dal kitsch, per quasi
due ore e mezzo.
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foto by Raffaella |
La scaletta è stata quella che girava in rete già da sabato
26 gennaio. Non so quanto sia azzeccata la scelta di concentrare i pezzi più
d’atmosfera nella prima parte e quelli più strong nella seconda ma si esce
talmente felici, da un concerto del genere, che poi neanche vien voglia di fare
critiche (e detto da me, che sono una criticona doc…)
Un po’ di cose random che mi hanno colpito:
- Il pubblico, per quanta gioia si respirava di essere lì e ascoltare QUEI PEZZI con QUELLA FORMAZIONE
- Il giovane batterista che ha sostituito Ringo De Palma: sorrideva, mentre suonava, e son sempre cose che scaldano il cuore
- L’asta del microfono di Pelù rivestita di PELO NERO (o, forse, erano piume ma comunque sembrava una pelliccetta J)
- Pieroah che, sulla finale Tex, si è lanciato in uno strale pazzesco e direttissimo contro i politici lombardi (“Parliamo della giunta lombarda… Tenetevi Formigoni… Tenetevi Maroni… tenetevi la ‘ndrangheta!!!”), degno dei vecchi tempi al veleno, senza peli sulla lingua, che si trattasse del papa, dell’ex ministro della difesa Spadolini o dei personaggi coinvolti nella vicenda Montedison
Canzoni come “Preda”, “Ferito”, “Resta”, “Re del silenzio”, cantate
in quel modo così riconoscibile, continuano a parlare al mio cuore, continuano
a farlo sentire meno solo, a dargli nutrimento per alimentare quella rabbia
sana, che “fa resistere”, come canta Piero ne “Il vento” (uno dei momenti più
intensi del concerto).
E’ retorica? I Litfiba sono solo dei furboni che cavalcano
la nostalgia?
Sapete che vi dico? CHISSENEFREGA! Io so la gioia che ho
provato, io so con quanta grinta in più torno alla mia vita quotidiana che, ora
più che mai, vive un momento tostissimo… “ma ho scolpito sulla pelle che chi
piange riderà”!
Considero UN PREGIO il non essere diventata una cinica col
passare del tempo: se lo sono diventati i Litfiba, o chi li critica, il
problema è solo loro perché non sanno cosa si stanno perdendo, avvolti nella
loro armatura.
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